Recensione: "Mette pioggia" di G. Tetti

Bentrovati carissimi distopici amici e amiche!

Oggi ho il piacere di presentarvi la recensione del conturbante romanzo di Gianni TettiMette pioggia“, terzo libro di una raccolta autoconclusiva.

Che dire…per la prima volta da quando intavolo feedback per questo blog, mi sono trovata davanti a un romanzo che spiazza notevolmente il lettore e lo conduce in vortice di follia!!! Innanzitutto, devo  dire che per quanto riguarda l ‘insieme di tematiche affrontate da Tetti poco hanno a che vedere con la distopia, se non l’ambientazione che ha una parvenza post- apocalittica. Tutto il corpo del romanzo è incentrato più sul disagio e malessere individuale che si palesa in una situazione di stress ambientale… ma bando alle ciance vi lascio la mia opinione e, se qualcuno di voi decide di leggerlo, mi piacerebbe conoscere le vostre sensazioni a riguardo.

In una Sardegna arida e sferzata dal vento scirocco, la popolazione vive in un clima simil post- apocalisse. Uno scienziato che ama il suo lavoro ma non il luogo in cui lo svolge scopre un male che si insinua nel corpo in cui lo ospita divorandolo lentamente. Ma questo non è l’ unico morbo a colpire duramente la popolazione. Tra le strade deserte dove picchia il sole la pazzia sembra farla da padrone insinuandosi non solo nella mente della popolazione ma in tutto l’organismo. Le persone non sono più consapevoli delle proprie azioni e di ciò che li circonda : una mamma dimentica il figlio nella vasca da bagno piena d’ acqua calda, un padre uccide il figlio ritardato e si ciba del suo cervello, un ragazzo apparentemente normale viene ricoverato perché asserisce di vedere il Diavolo nello specchio di casa di sua. Un libro che esprime tutto il marcio e il disagio che c’è dentro, quasi, ogni individuo, causato da una società, ormai, malsana. Questa è la vera Apocalisse espressa da Tetti e che viene presentata nel suo libro. Una visione, quindi, che si discosta notevolmente da tutto ciò che un lettore si aspetta da un libro, come questo, etichettato come distopico. L’analisi, come le tematiche, a mio avviso, sono più di ordine sociologico. Il mio approccio allo stile dell’ autore, inizialmente, non è stato facile. Vi è una lentezza quasi ritualistica nel narrare le vicende, così che quando il lettore si abitua a tutto ciò, improvvisamente, il ritmo cambia, trascinando le vicende in un baratro dal quale è difficile uscire indenni. Questo clima è reso possibile dalle ambientazioni e dalle descrizioni dei personaggi, che rendono tutto spaventosamente suggestivo. Un romanzo che si apprezza non subito ma, che, appassiona il lettore in seguito. Una lettura sicuramente non per tutti ma che fa certamente riflettere sulla direzione che sta prendendo la nostra società.

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