Recensione: “L’arrivo delle missive” di Aliya Whiteley

Trama:

Inghilterra, primo Novecento. Shirley Fearn ha 17 anni e il suo destino è già segnato: unica figlia di un proprietario terriero, sarà data in moglie all’uomo che prenderà in eredità la tenuta di famiglia nell’idilliaca campagna del Somerset. Shirley però ha altri piani. Lei che ama la scuola e ha il privilegio di potersi dedicare alla propria crescita intellettuale, è decisa a partecipare al futuro radioso che attende la nazione appena risorta dalle ceneri della guerra. Diventerà una maestra e contribuirà a istruire la migliore generazione della storia dell’Inghilterra. Ma, soprattutto, Shirley è innamorata del suo maestro, il signor Tilly, veterano di guerra, oggetto costante dei suoi sogni più audaci. Il signor Tilly però è un tipo strano, gira voce che non sia del tutto umano. E ben presto Shirley scoprirà il suo segreto… Una scoperta sconvolgente che spalancherà orizzonti impensati e la metterà di fronte alla scelta più difficile della sua vita.

Recensione:

Prima di iniziare con il commento vero e proprio, ci tengo ad avvertirvi che la trama è fuorviante; dalle premesse si ha quasi l’impressione di trovarsi di fronte ad un romanzo d’amore d’impianto storico, ma vi posso garantire che non è così.
È vero, inizialmente la vicenda sembra orientarsi verso quel genere. Nella storia c’è però un punto di svolta che cambia le carte in tavola, dando una brusca virata agli eventi narrati e rendendo il libro qualcosa di completamente diverso.

Se in “La bellezza” la Whiteley si era rivelata un’autrice da attenzionare, con questo secondo romanzo ne ho davvero la conferma.
Lasciamo l’ambientazione antiutopica per lanciarci in direzione di una rievocazione storica di stampo fantascientifico. Appartiene tanto alla speculative fiction quanto alla narrativa mainstream, ma senza rinunciare a quel tocco di realismo magico tipico della sua scrittura.

Siamo in un bucolico villaggio britannico del primo dopoguerra, nella morsa di una società fortemente patriarcale e conformista.
Shirley è un’adolescente e cova nel profondo del cuore desideri e aspirazioni poco in linea con il pensiero comune dell’epoca, avvertendo la necessità di un miglioramento concreto. Una figura femminile in controtendenza rispetto ai suoi tempi, in cui la massima ambizione è quella di accasarsi – con un buon partito scelto dal padre – e sottostare passivamente al ruolo di madre e moglie.
Lei, invece, vorrebbe insegnare: questa scelta la porterebbe ad avvicinarsi al signor Tilly – suo maestro – per cui nutre un’autentica infatuazione. Non pensate neanche per un secondo che il tutto si tinga di rosa, però. Una sera Shirley scopre qualcosa sull’ormai cinico Mr. Tilly che la spaventerà, ma che, allo stesso tempo, potrà usare a suo vantaggio pur di avvicinarglisi ulteriormente.
Lo spauracchio di una sempre più vicina catastrofe ci catapulterà in atmosfere ben più cupe: Shirley si ritroverà coinvolta in prima persona e non si tirerà indietro; potrebbe essere quella scintilla capace di innescare un’autentica rivoluzione sociale.

Che senso ha salvare il mondo se le nostre anime sono perdute?

Attraverso la narrazione in prima persona – partendo dalla pubertà e avviandoci verso l’età adulta – seguiamo Shirley nelle tappe fondamentali della sua vita, sempre tratteggiate con dolcezza e sensibilità. Sarà la voce saggia, ma al contempo ingenua di Shirley a guidarci, mostrandoci, dalla sua prospettiva, come determinate circostanze comportino talvolta cambiamenti radicali nell’esistenza delle persone.
L’immediatezza, che caratterizzava il precedente “La bellezza”, qui è assente. Si procede infatti per gradi, ma per chi saprà essere paziente coinvolgimento e compattezza non mancheranno. Il romanzo si snoda attraverso una pianificazione studiata a puntino con cui, insieme a Shirley, ci renderemo conto che sono molti i lupi travestiti da agnelli.
Non voglio entrare nei dettagli inerenti all’aspetto fantascientifico, perché potrei anticipare più del necessario, ma posso dirvi che a sconvolgere la linea narrativa saranno dei momenti di assenza di temporalità, in cui faranno la loro comparsa soggetti interdimensionali che portano un allarmante messaggio dal futuro.
Il libero arbitrio sarà il perno attorno al quale ruoterà l’intero romanzo, sempre in bilico tra l’istintività e la passione tipiche della giovinezza e l’angoscia per l’incombere di un futuro incerto.
Le nostre scelte sono autonome o veniamo inconsapevolmente guidati da una forza più grande di noi?
Il nostro è un destino già scritto o abbiamo in mano gli strumenti per poterlo scrivere personalmente, a nostro piacimento?
Fino a che punto siamo disposti a spingerci, pur di proteggere il futuro che abbiamo sempre sognato nel profondo del nostro cuore? Un passo falso e si può perdere molto. O addirittura uscirne distrutti.

Come già detto in precedenza, “L’arrivo delle missive” è un romanzo appartenente alla speculative fiction, ma che si lascia trascinare dalla corrente di romanzi “femen”. Il punto nodale è infatti costituito dalla discriminazione nei confronti delle donne e dal conseguente ruolo subordinato che esse ricoprono all’interno della società. E sarà proprio la voce di Shirley a risuonare limpida e a raccontare i problemi a cui va incontro chi decide di andare orgogliosa della propria identità di genere.
L’autrice però non ci trasmette l’immagine di una giovane donna che si erge a paladina della giustizia, invincibile e perfetta, ma saprà tratteggiarne anche vulnerabilità e candore. L’introspezione è profonda e delicata; Shirley guarda al mondo con innocenza. Ma si sa, l’adolescenza è un momento cruciale che mette in rilievo le fragilità interiori e aspetti del carattere a lungo sopiti.
La bravura della Whiteley è data dalla sua flessibilità stilistica; sa bene come destabilizzare il lettore che è convinto di trovarsi dinanzi ad una storia di un certo tipo per poi ribaltare di colpo il racconto. Ciò si nota in quei particolari momenti in cui vengono messi in luce gli aspetti inerenti alla fantascienza. Il contrasto tra il periodo storico e questa sterzata fantascientifica funziona.

L’umanità prospera nel caos che essa stessa ha creato.

Una prosa sobria e inclemente, sfruttata con accortezza per narrare in maniera diversa un’esasperata ribellione alle costrizioni imposte dalla società.
Il finale aperto spinge a meditare sui quesiti che restano appesi ad un filo. “L’arrivo delle missive” è uno di quei pochi romanzi che ti lascia dentro parecchio, pur risolvendosi in poco più di un centinaio di pagine. Tant’è vero che anche ora non ha smesso di farmi riflettere.
Questo è il suo secondo romanzo che leggo e sono rimasta stupita da come, in così poche pagine, sia stata in grado di parlare con lucidità e acume di tematiche così spinose.
Spero vivamente che si dedichi ancora alle vicende di Shirley: su questo interessantissimo personaggio ha ancora molto da raccontare.

Elisa R

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