Recensione “WUHAN – Diari da una città chiusa” di Fang Fang.

Wuhan Diari da una città chiusa - Fang Fang - EDICOLA BLACK

TRAMA

Unendo intimità e dimensione epica, la riflessione profonda e il racconto dei piccoli gesti quotidiani, Fang Fang firma la testimonianza unica di un tempo straordinario. Contro ogni censura. Dal 25 gennaio al 24 marzo 2020, sessanta giorni, sessanta capitoli pubblicati online. Dai primi momenti di incertezza alla speranza, passando per le ore più difficili, Fang Fang ha messo nero su bianco la vita durante la prima quarantena mondiale, quando l’Occidente guardava ancora a Wuhan come a un caso eccezionale e lontano. Che non lo riguardava. Mentre l’autrice documenta l’inizio della crisi sanitaria globale in tempo reale, ci troviamo a riconoscere chiaramente, quasi fossimo di fronte a uno stupefacente ritorno al futuro, le fasi che tutti abbiamo vissuto, con poche settimane di scarto. Le difficoltà e le emozioni, potenti e impreviste. Fino al giorno in cui la libertà sembra spuntare in lontananza. Il giorno in cui, chiudendo il diario, Fang Fang cita San Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede”.

RECENSIONE

Scrivo questa brevissima impressione del testo, che premetto non essere una vera recensione, con in bocca il sapore amaro di un quotidiano che schernivamo dal divano finché non è toccato a noi viverlo.

WUHAN – Diari da una città chiusa, edito da Rizzoli, è il racconto quotidiano di una delle più importanti scrittrici cinesi. Nato come progetto online, che Fang Fang pubblicava costantemente sul suo blog WeChat, era una valvola di sfogo per l’autrice e un punto d’incontro per gli oltre sessanta milioni di abitanti bloccati in casa. La Cina non è l’Italia, nessuno si prende gioco delle autorità, i cittadini non fuggono per andare a sciare o a trovare gli amici. I giornali non fanno a gara a chi sparge più letame sul Governo, il terrorismo psicologico per aumentare le vendite è vietato e la verità viene centellinata come una preziosa medicina.

«Vi chiedete cos’è una catastrofe? Di certo non consiste nell’obbligo di una mascherina, né nel dover stare in quarantena a casa o nel dover mostrare un permesso ufficiale per accedere a determinate aree.
Una catastrofe è quando un ospedale nel giro di due giorni riempie un intero fascicolo di certificati di morte, mentre di solito impiega alcuni mesi. Una catastrofe è quando il carro funebre che trasporta i cadaveri al forno crematorio, invece di caricare una singola bara carica un mucchio di corpi chiusi nei sacchi.
Una catastrofe non è quando uno dei tuoi famigliari muore, ma quando un’intera famiglia viene spazzata via nel giro di alcuni giorni o settimane. Una catastrofe è quando rimani a casa in attesa che l’ospedale ti avverta che si è liberato un posto letto, e quando succede sei già morto.»

Ogni giorno più di dieci milioni di persone leggevano i post della scrittrice, li commentavano e li arricchivano con i loro attimi di quotidianità.

Attraverso una serie di pensieri estemporanei, Fang Fang riconsidera ciò che ha sempre creduto giusto. Si scaglia contro il governo o piange per un dolore che non ha nome ma ha molte facce. Mette a nudo i suoi pensieri, le sue paure fino a farci credere di essere accanto a noi a raccontarci quello che le passa per la testa.

Ciò che desidero, per marzo, non è andare a Yangzhou per godermi il paesaggio primaverile, mi basterebbe riuscire a scendere di sotto.

Censurato dal governo il blog ha rischiato di scomparire assieme ai pensieri dell’autrice. Ci hanno provato, se non fosse stato per le oltre cinquecento milioni di visualizzazioni e la tempestiva traduzione di Michael Berry, nessuno avrebbe potuto leggere l’onda di dolore e di violenza che si è abbattuta sulla scrittrice cinese.

Da “voce del popolo” era stata trasformata in collaborazionista statunitense, l’odio le pioveva addosso assieme agli insulti e all’accusa di voler creare un’arma con cui gli americani potessero attaccare la Cina.

“Diari da una città chiusa” è uno spaccato che racconta una società attraverso gli occhi di una donna, non è un romanzo e nemmeno un saggio di denuncia, se è vero quanto è stato scritto, è una collezione di pensieri che credo valga la pena di leggere.

Ridevamo di loro.

Poi ci siamo interessati.

Ci siamo caduti dentro.

Li abbiamo accusati.

Ma cosa sappiamo veramente di chi ha sofferto come noi?

A presto.

Delos

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