Recensione: “2084 – La fine del mondo” di B. Sansal.

TRAMA :

Nell’Abistan – un impero così vasto da coprire buona parte del mondo – 2084 è una data presente ovunque, stampata nel cervello di ognuno, pronunciata in ogni discorso, impressa sui cartelli commemorativi affissi accanto alle vestigia dello Shar, la Grande Guerra santa contro i makuf, i propagandisti della “Grande Miscredenza”. Nessuno sa a che cosa corrisponda quella data. Qualcuno dice che ha a che fare con l’inizio del conflitto, altri con un suo episodio. Altri ancora che riguardi l’anno di nascita di Abi, il Delegato di Yölah, oppure il giorno in cui Abi fu illuminato dalla luce divina. In ogni caso, è da allora che il paese, che era detto semplicemente il “paese dei credenti”, fu chiamato Abistan, il mondo in cui ci si sottomette gioiosamente alla volontà di Yölah e del suo rappresentante in terra, il profeta Abi. La Grande Guerra santa è stata lunga e terribile, tuttavia l’armonia più totale regna ora nelle terre dell’Abistan. Nessuno dubita delle autorità, cosi come nessuno dubita che Yölah abbia offerto ad Abi di imprimere un nuovo inizio alla storia dell’umanità. L’abilang, una nuova lingua, ha soppiantato tutte le lingue precedenti, considerate stolti idiomi di non-credenti. Le date, il calendario, l’intera storia passata dell’umanità non hanno ormai più alcuna importanza e senso nella Nuova Era, e tutto è nella mano di Yölah. Agli uomini non resta che “morire per vivere felici”, come recita il motto dell’esercito abistano…

RECENSIONE:

Boualem Sansal è uno scrittore algerino che dal 1992 lotta contro il Fondamentalismo Isalmico, “2084 – La fine del mondo”, edito da Neri Pozza con la traduzione di Margherita Botto, è un chiaro manifesto della sua paura per il futuro. Fortemente ispirato a “1984” di Orwell, lo rivisita fondendolo con “Sottomissione” di Houellebecq.

La Grande Guerra Santa prende il posto della Grande Guerra Atomica, l’Oceania del Socing è l’Abistan. La neolingua è l’abilang, una forma di comunicazione ridotta ai soli rituali religiosi imposti dal Gakbul. Abi “il delegato di Yölah” si sostituisce al “Big Brother”, controllando tutto grazie al Grande Apparato e la Giusta Fratellanza. Il dominio è totale, la dittatura religiosa costringe tutti alla sudditanza vietando ogni forma di pensiero. Bisogna pregare nove volte al giorno, rispettare rigidi costumi e ripetere ossessivamente decine di azioni al fine di perdere la capacità di ragionare con la propria testa.

Chiedersi il perché di qualcosa è un crimine.

2084 è una data persa nel tempo, nessuno sa cosa significhi o perché sia così importante. La storia umana è passata in secondo piano, è stata cancellata o forzatamente dimenticata per essere sostituita da una teocrazia opprimente. L’Abistan è un regno sconfinato, creato da Yölah scacciando ogni nemico fuori dai propri confini. Il Gakbul comanda ogni azione e priva il popolo di ogni libertà fino ad arrivare al concetto centrale della “cancellazione dell’altro, di tutto ciò che non si uniforma al regime”.

Non esiste nulla oltre l’Abistan, non c’è legge se non quella di Yölah, non c’è comunicazione o tolleranza per chi non rispetta i dettami del Gakbul. Solo i pellegrini possono viaggiare, per visitare i luoghi sacri del Dio Yölah, ed è attraverso uno di questi che iniziamo a intravedere una storia dietro la manifesto distopico. Ati è il protagonista della storia, è il dubbio che si muove tra diversi episodi in cerca di una comprensione dei 99 precetti che gli sono stati inculcati in testa fin da bambino.

Perché devono esserci confini se Yölah ha reso il mondo casa nostra? Se non esistono frontiere alla sua parola, perché crearne per gli uomini? Domande che sorgono nell’animo di Ati e che lo portano a chiedersi anche chi siano i misteriosi nemici contro cui l’Abistan deve proteggersi. Ogni minaccia è stata sconfitta, la legge del Gakbul ha prevalso, il popolo lo sa eppure non ha mai visto nessun nemico. Com’è possibile? “Essere il proprio nemico è la garanzia per vincere sistematicamente”.

2084 – La fine del mondo è un testo potente, forte e molto difficile da mandare giù. La scrittura è ossessiva, si perde in un’infinita serie di descrittivi e di approfondimenti culturali che spesso rendono difficile andare avanti. Per essere un romanzo, bisogna ricordarselo durante la lettura, ci si trova spesso davanti a un muro culturale che l’autore rende (credo volutamente) difficile da superare. Ogni parola sembra scritta per instillare paura nel lettore, per perorare la battaglia al Fondamentalismo che Sansal combatte da trent’anni.

Sinceramente non so se consigliare un testo del genere. Non è 1984, siamo ben lontani sia come leggibilità che come struttura, eppure è molto attuale. Forse troppo, come la paura e il preconcetto che ne emerge ad ogni pagina. Rispetto a “Sottomissione” di Houellebecq, in cui c’era una maggiore moderazione, qui viene mostrato solo il terrore della dominazione teocratica. Non c’è spazio per il dialogo, non c’è possibilità di convivenza. C’è noi e la morte per tutti gli altri.

Se letto per quello che dovrebbe essere, un romanzo, potrei suggerirvelo. Ma, se visto con gli occhi di chi oggi ha paura, potrebbe gettare benzina sul fuoco. Non so cosa dirvi… Sta a voi sapere se vi sentite abbastanza aperti da leggerlo senza farvi influenzare. 1984 aveva generato non poche paure tra i lettori dei suoi tempi, 2084 per i messaggi che porta rischia di fare altrettanto.

A presto.

Delos

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