Recensione: “Zombie night” di A. Pedretta.

Salve gentaccia distopica!

Eccovi un racconto a mio avviso coraggioso, per non stare sempre a leggere la solita roba. E no, non ha nulla a che fare con il film del 2013 diretto da John Gulager.

Pronti?

Via!

TRAMA:

Il morbo che fa risorgere i morti, la Nuova Sindrome di Lazzaro, è stato circoscritto. Gli uomini sono riusciti a confinare il contagio, a dominarlo. Ora gli zombie sono creati in allevamenti governativi, le vittime sono i criminali; i condannati a morte ora sono puniti con la non-morte. Gli zombie vengono impiegati come manodopera, come schiavi, nell’intrattenimento, debitamente controllati da droghe e sessioni di condizionamento. Allo Zombie Night le prostitute non-morte sono alla mercé degli istinti brutali e perversi dei suoi turpi frequentatori, attirati dalla morbosità verso la morte che di nuovo ha preso vita, oscenamente affascinati del sesso nel lato oscuro della luna.

Ma anche la morte può custodire dentro di sé segreti inconfessabili e misteri raccapriccianti, anche la morte può cullare dentro di sé mostruosi desideri di rivalsa.

RECENSIONE:

Ecco, come dicevo, coraggioso, sotto molti aspetti; perché (ommioddio) la storia parla di sesso e di prostituzione e (ommioddio) le prostitute sono cadaveri; cadaveri non-morti, ma pur sempre cadaveri. Ommioddio!, direbbe qualcuno. Fare sesso con delle non-morte! Audace, dico io.

Benvenuti allo Zombie Night, nessun Dio da pregare, ma in compenso tanta figa morta di primissimo pelo.

Qualcuno potrebbe storcere il naso per quel “primissimo pelo”. Non è come pensate. Fa riferimento in realtà alla Vergine, la macchina (se così vogliamo chiamarla) per domare le zombie. Prostitute che escono fuori dalla Vergine.

Nonostante all’inizio la storia sembra che parta con l’intento di fare dello humor nero (almeno è quello che mi ha trasmesso), dopo le prime pagine si capisce che in realtà l’autore vuole essere serio, vuole dare il suo messaggio e ci riesce benissimo.

In cosa sono meglio i vivi dei non-morti?

Ottima domanda. Nel contesto del racconto, almeno.

Lo stile è scorrevole, ma lascia spazio a molti spunti, come questo, nonostante la storia sia poco più di un racconto. Possiamo leggere tra le righe molte cose, se siamo attenti, e non solo la depravazione dell’essere umano che si nasconde dietro il suo abito da migliaia di euro per poi ritrovarsi in un bordello con prostitute zombie. Che già di per sé è un messaggio che apprezzo, anche se usato e riusato. Ce l’ha soprattutto con l’essere maschio, l’autore, a una prima occhiata, visto il lavoro del protagonista: dare del piacere sessuale ai maschi, appunto. Ma prendendosi del tempo per pensare, la critica è estesa a tutti.

Viviamo la storia in prima persona, dal punto di vista del protagonista, il direttore dello Zombie Night. I personaggi secondari non sono solo per fare numero, ma hanno una loro personalità; certo, potrebbero essere più approfonditi, ma in così poco spazio va benissimo come sono. Lucius è quello che ho apprezzato di più, benché possa essere interpretato come il tuttofare del night. Tuttofare che però deve torturare e drogare le zombie che saranno prostitute, per poi lasciarle ammaestrare da qualcun altro.

Se proprio devo cercare delle cose negative, posso menzionare il finale apertissimo. Di solito a me piacciono i finali che lasciano spazio all’immaginazione, ma in questo caso sembra che la storia finisca quando sta per iniziare. Puro gusto personale, per questo non un vero e proprio punto negativo.

Detto questo, ripeto che la storia vale la lettura anche solo per lo stile dell’autore. Ottimo, racconto notevole.

Alex Coman

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