Recensione : Ragni di Marte di Guillem Lòpez

Nel futuro prossimo di una Spagna quasi distrutta, il mondo di Arnau e Hanne si sgretola dopo la morte del figlio. Hanne cade in depressione e fa sempre più fatica a distinguere il reale da quello che il suo cervello inventa. López affronta la devastazione che comporta il concetto di morte, i traumi del passato e le loro conseguenze emotive. Ma è il cervello umano con la sua capacità di trasformare la realtà, o meglio di generare infinite realtà, a essere il vero protagonista, una dimensione in cui ricordi, sogni, percezioni, futuro e presente si mescolano risvegliando le paure più primitive e l’inquietudine tutta umana verso concetti come il nulla o il venir meno delle leggi della fisica del nostro universo.

RECENSIONE

Amici di LDFO oggi vi parlo di una super uscita per i tipi di Eris Edizioni: Ragni di Marte di Guillem Lòpez.

Non mi appassionavo così tanto alla produzione di un autore dai tempi in cui andavo pazza per Chuck Palahniuk e ho fatto incetta dei suoi libri in poco meno di due mesi. Quando è stata annunciata la pubblicazione di questo nuovo romanzo non stavo più nella pelle, ma sorvoliamo sulle mie dimostrazioni di giubilo e passiamo direttamente al commento.
La situazione di partenza non lascia presagire alcunché e vede i due coniugi Arnau e Hanne affrontare il primo anniversario dalla morte del giovane figlio Joan. Un vuoto incolmabile li attanaglia. Ma soprattutto per Hanne la perdita è devastante, cade in una forte depressione che la scombussola a tal punto da non ricordare certi avvenimenti o da inventarli addirittura di sana pianta.

Quali sono quelli veri? Quelli che Arnau le riferisce o quelli che affiorano dal suo subconscio? È facile scivolare nella paranoia e quando nel suo cervello viene riscontrato qualcosa di anomalo, le certezze crolleranno come un castello di carte e si avrà l’inizio della fine …

“[…] La memoria è un mistero. […] La vita è così. Perché non scegliersi i ricordi e dimenticarsi i brutti momenti? Inventarsi una nuova vita.”

Un romanzo brillante che mette a dura prova le sinapsi del lettore – anzi posso affermare che si è trattata di una esperienza di lettura a sé stante – consegnata al pubblico italiano nella traduzione di Francesca Bianchi. Ambientato in una Valencia di un futuro sì prossimo ma non così lontano dai giorni nostri, ne intuiamo i contorni grazie a brevi accenni datici dai personaggi e dagli sprazzi di una tecnologia decisamente più avanzata di adesso.
Fantascienza – data da questa tecnologia innovatrice e non solo – che corteggia thriller psicologico e dramma familiare, a primo impatto mi ha ricordato moltissimo il best-seller l’Amore Bugiardo \ Gone Girl di Gillian Flynn per quest’irruzione nel lato oscuro del matrimonio, eppure mi preme sottolineare che questo è solo il preludio di un percorso narrativo diverso. Qui ci troviamo di fronte a tutt’altro genere letterario, ma soprattutto su un livello di scrittura più alto. Lo stile, infatti, è ricercato ma non altisonante, López riesce a conferire il giusto rilievo all’introspezione dei personaggi che non risultano artificiosi, bensì umani nelle loro reazioni e interazioni.

Al titolo potremmo assegnare una doppia valenza: quei ragni sono sì presenti nel libro, ma serve anche a spiegare in maniera efficace la sensazione di trovarsi intrappolati in una fitta maglia, o forse sarebbe meglio dire ragnatela di situazioni contraddittorie.
Ricordi veri e falsi si affastellano, costringendo il lettore a chiedersi se ha prestato la giusta attenzione. I buchi neri della protagonista li proviamo anche noi e le illustrazioni a cura di Sonny Partipilo rendono perfettamente l’idea di questo abisso nerissimo; è sottilissimo il filo tra verità e menzogna.
Ci si focalizza sulla percezione della realtà (tema già affrontato in Challenger), si tratta di una realtà mutevole e vacillante, la linearità è assente – sia nell’esposizione del contenuto sia per l’aspetto fantascientifico che preferisco non svelarvi perché importante ai fini dell’intreccio – tanto da risultare quasi del tutto privo di logica. E il controllo sfugge a loro quanto a noi.
Finita la lettura, nei giorni a seguire, ho continuato a rimuginarci sopra e a ipotizzare mille teorie una più disparata dell’altra a causa di un epilogo aperto (non da cosiddetto “venditore di fumo”) ma che comunque mi ha lasciata piena di dubbi.
Di interpretazioni su quanto letto ce ne sarebbero a bizzeffe. Puoi sì cercare un senso, ma non detto che si trovi davvero. Sono più le domande che restano in paragone alle risposte che l’autore ci offre.
Il mio consiglio è di centellinarlo, di lasciar sedimentare capitolo dopo capitolo perché è facile perdervisi.

Elisa R

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