Morire di caldo

Morire di caldo”. Quante volte lo avete detto in questi giorni? Eppure l’ondata di calore che ha attanagliato l’Italia in questi ultimi giorni, pur rappresentando un altro, ennesimo, campanello d’allarme, non è nulla in confronto a ciò che sta succedendo in molte parti della terra.

Dove, di caldo, si muore veramente. Di già.

Sud Est Asiatico

Parliamo soprattutto di India e Pakistan dove oltre un miliardo di persone sta subendo un’ondata di calore devastante.

In Pakistan, a maggio, sono stati raggiunti i 51°C ma anche nell’India settentrionale e occidentale si sono registrati, tra marzo e maggio, temperature record.

Ma i picchi non fanno paura quanto la costante: giorni ininterrotti di temperature sopra i 42°C.

Inoltre la preoccupazione della popolazione e della comunità scientifica si concentra sull’arrivo del monsone: basteranno le piogge monsoniche a mitigare l’eccezionale siccità?

Purtroppo, si presume che il monsone, preceduto da un’ondata di calore di questa entità, porti più violenti temporali e grandine che piogge ristoratrici…

“Paesi come il Pakistan hanno già molti problemi, soffrono già di una scarsità di risorse che li rende ancora più vulnerabili al cambiamento climatico. Molte persone bisognose non hanno accesso all’acqua potabile già in tempi normali. Durante queste ondate di calore l’accesso all’acqua è essenziale. Sopravvivono con l’acqua che riescono a trovare, e gli attivisti di FFF Pakistan (Fridays for Future Pakistan) aiutano i soggetti più deboli, raccogliendo l’acqua da fiumi e sorgenti e portandola direttamente nelle case”. Da National Geographic

America Latina e Africa subsahariana

Gli scienziati dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) prevedono che entro il 2050 “nelle sole regioni di America Latina, Africa subsahariana e Sud-Est asiatico potrebbero esserci ben 143 milioni di “sfollati” per cause climatiche”.

La cosa triste è che molti dei paesi che più subiranno gli effetti del riscaldamento globale sono tra quelli che producono meno emissioni inquinanti.

Questa mappa deriva da uno studio del Met Office (Servizio meteorologico nazionale del Regno Unito, un’agenzia esecutiva del Department for Business, Energy and Industrial Strategy) e mostra chiaramente le zone in cui il riscaldamento globale impatterà in modo devastante se lo stress termico non diminuirà.

Lo stress termico

Lo stress termico dipende sia dalla temperatura dell’aria che dall’umidità. Per calcolarlo si usa l’indice WBGT (temperatura a bulbo umido e del globo termometro) che consente una veloce stima dello stress termico.

Se si oltrepassa il bulbo umido a 35 gradi Celsius, il corpo non riesce più a raffreddarsi sudando. E se questa temperatura persiste per alcune ore, potrebbe causare un’insufficienza cardio-vascolare e perfino la morte.

Canada e Nord America

Non è che le zone escluse dalla mappa sopra non siano comunque a rischio se non si farà qualcosa per ridurre il riscaldamento globale.

A giugno 2021 si sono registrate temperature record in tutto il Nord America e il Canada. A Vancuver il termometro ha segnato i 49° C.

Il fatto è che, in queste zone, lo stress termico è ancora più pericoloso per la salute umana.

Infatti, nei luoghi più caldi del pianeta, le persone sono acclimatate al calore perché abituate a sopportare temperature elevate: non solo sudano di più ma il loro sudore è più diluito e quindi disperdono meno elettroliti e rischiano meno di finire disidratati.

Quindi nelle aree geografiche generalmente fresche come, appunto, il Canada, le ondate di calore sono più letali.  

Le stelle marine scomparse

Intanto, i primi a risentire degli effetti diretti delle ondate di calore sono stati gli animali.

I biologi marini della British Columbia (Canada) hanno condotto una stima dell’ecatombe che l’ondata di calore del 2021 ha provocato tra i crostacei e le stelle marine che popolano le acque poco profonde della costa del Pacifico.

Se vi sembra che non sia importante vi sbagliate di grosso: si parla di milioni di esemplari di molluschi scomparsi che sono tra l’altro l’alimento di base degli uccelli migratori. Un effetto a catena che manderà in tilt interi ecosistemi a livello mondiale.

I Poli

Ok, se ne parla già molto ma non è mai troppo: il ghiaccio antartico si sta inesorabilmente e pericolosamente riducendo.

Il 22 febbraio il ghiaccio marino antartico aveva un’estensione di 1,98 milioni di chilometri quadrati. Nel 2017 aveva registrato il record negativo di 2,1 milioni di chilometri quadrati e già era preoccupante, figuriamoci ora! (I dati sono del National Snow and Ice Data Center).

Come se non bastasse, il 18 marzo 2022 il sito di Concordia, in Antartide, situato a più di 3.200 metri di altitudine, ha toccato i -12,2°C. Un valore di circa 40 gradi superiore rispetto al normale.

Allo stesso tempo, alcune stazioni vicino al Polo Nord hanno raggiunto i 30°C sopra la media, con record battuti in Norvegia e temperature insolitamente alte registrate in Groenlandia e nell’arcipelago russo di Franz Josef Land.

Non finisce qui

La mia ricerca sull’aumento delle temperature mi ha fatto scoprire uno studio sulle isole di calore e la pericolosità del caldo estremo nei centri urbani, un altro sugli effetti dell’innalzamento del livello del mare e altri sugli impensabili (almeno per me) risvolti sulla salute umana. Non solo fisica, ma anche mentale.

Ma ve ne parlerò prossimamente: ora ho veramente troppo caldo!

Le fonti dei dati di questo articolo: National GeographicLifeGate3B MeteoIntergovernmental Panel on Climate Change, IPCC Met OfficeNational Snow and Ice Data Center, NSIDChttps://www.focus.it/

Alla prossima!

Debora D.

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