Recensione: Senza Guanti di Alessandro Ruta

La pandemia è entrata a tal punto nel quotidiano di tutti noi che si pensava diventasse una sorta di deterrente letterario per libri di fantascienza dedicati alla tematica. Mai previsione fu più sbagliata, visto che proprio in questi due anni abbiamo visto un proliferare di opere a riguardo. Questo “Senza Guanti” di Alessandro Ruta (edito da Porto Seguro), entra però solo marginalmente in questo filone.

Certo si parla di una pandemia. Ma l’intento e lo stile dell’autore hanno ben altre mire rispetto al mostrarci semplicemente un diario di vita vissuta durante il lock down. E per fortuna, visto che così facendo, ci siamo trovati davanti a un libro decisamente piacevole e divertente (sì, divertente).

Di cosa parla Senza Guanti

La trama di fondo è, più o meno, quella di qualsiasi altro libro sul tema. C’è una qualche malattia che sta prendendo il sopravvento, costringendo i cittadini a chiudersi in casa ed essere soggetti a particolari limitazioni pur di fermare il contagio.

La storia segue il percorso di un paio di personaggi che si sviluppano secondo una propria linea narrativa, finendo però per intrecciarsi in un finale che li vedrà tutti insieme nel quartiere di NoLo in piena Milano.

Recensione Senza Guanti

Lo stile non è quello morboso di chi vuole raccontare le disgrazie di una malattia incurabile, ne quello più misterioso di un thriller che non lascia risposte. Siamo dalle parti dello Humor, cinico e spietato a volte, divertente e leggero in altre.

Dentro ci sono tutti gli stereotipi e gli eccessi che abbiamo vissuto in prima persona durante la pandemia, comprese tutte quelle teorie del complotto che hanno trascinato gran parte delle persone in un conflitto senza fine sulla ragione d’essere.

Una grande iperbole sui comportamenti umani, che ogni personaggio incarna nel migliore e nel peggiore dei modi possibili, a seconda dei casi.

Il tutto in una storia costruita bene e con una struttura che parte in filoni dalla distanza incolmabile, salvo poi pian piano tirare le fila e chiudersi perfettamente come un piccolo rompicapo risolto miracolosamente, ma con coscienza.

L’impressione è che tutta questa trama però, sia stata creata in maniera perfetta per descrivere al meglio il vero personaggio principale di questa storia: Milano. L’affresco che Ruta mette in scena infatti, è un quadro di una città bella e intricata, che una pennellata dopo l’altra impariamo a conoscere fisicamente, strada per strada. Potrei persino dire che traspare tutto l’amore dell’autore per questa città, con cui proviamo sincera empatia quasi fosse viva, come gli esseri che ci vivono dentro.

Pro e contro del libro

In definitiva mi è piaciuto moltissimo lo stile di Ruta, che appunto riesce a trasportarti in maniera anche piuttosto realistica dentro una situazione quasi tragicomica, mettendo a punto una storia con lati surreali e personaggi fuori di testa, ma forse proprio per questo così credibili in quel contesto.

Scorrevole e divertente, a patto di coglierla per quello che è: una grande iperbole di tutto quello che abbiamo appena vissuto in prima persona.

Il contro al limite è l’ingenuità con cui Ruta si approccia a un argomento che gli appassionati di fantascienza conoscono ormai come le loro tasche, sviscerato in tutti i modi possibili e immaginabili. Non c’è grande originalità in questo senso, cosa però piuttosto comune per tutti quegli autori che arrivano da ben altri contesti letterari.

Marco Fava

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