Cobalto distopico

Come nelle migliori storie distopiche dietro l’efficienza delle batterie dei nostri smartphone e dei nostri notebook ci sono...

…Bambini costretti dalla miseria in cui vivono a lasciare la scuola per lavorare nell’unico settore “remunerativo” del loro paese ed estrarre una sostanza chimica necessaria per l’alimentazione delle batterie al litio: il cobalto!

Parliamo delle miniere della Repubblica Democratica del Congo, paese che produce più del cinquanta per cento del cobalto di tutto il mondo.

Il cobalto

Il cobalto, infatti, per la sua proprietà di immagazzinare grandi quantità di energia in piccole masse, è un elemento fondamentale nella produzione delle batterie al litio. Quelle appunto che permettono ai nostri smartphone e ai nostri notebook di rimanere accesi per lungo tempo (e che alimentano anche le auto elettriche).

In Congo sono circa centocinquantamila i minatori che lavorano alla difficile estrazione del cobalto quasi sempre in condizioni di sicurezza precaria, per usare un eufemismo.

E, secondo un rapporto dell’Unicef, a dire il vero un po’ datato perché risalente al 2012, solo nella regione più meridionale del Congo, lavoravano circa quarantamila minorenni.

Ma l’azione intrapresa da International Right Advocates contro le aziende di tecnologia più importanti al mondo (tra le altre: Apple, Aphabet, l’azienda madre di Google, Dell e Microsoft) ci fa intendere che la situazione in questi anni non sia per niente migliorata.  

Le famiglie rappresentate sostengono che i loro bambini siano stati uccisi o menomati mentre lavoravano in miniera…

Il problema si concentra nell’estrazione artigianale e su piccola scala con il quale si ottiene circa il venti per cento del cobalto estratto in totale in Congo. In questo tipo di estrazioni vengono “usati” i bambini perché più adatti a calarsi nei tunnel delle miniere di cobalto.

I bambini vengono pagati uno o due dollari al giorno e sono costretti a lavorare anche per dodici ore al giorno. Non hanno strumenti sufficienti, né la forza o la prontezza per affrontare le tante situazioni di pericolo alle quali si espongono quotidianamente.

Le famiglie coinvolte in questa causa non stanno chiedendo solo i danni fisici subiti dai loro figli ma anche per “l’arricchimento ingiusto, supervisione negligente e inflizione intenzionale di sofferenza emotiva”.

Le indagini portate avanti fino ad oggi sono state recentemente confermate da un’inchiesta di Sky News Australia e da un’altra, multimediale, della Cnn, che ha cercato di ricostruire anche l’intera filiera scoprendo un vaso di pandora da far impallidire tutti i sostenitori della filosofia green. Ma di questo, ne parlerò in un altro articolo dedicato.

Questo video, invece, pubblicato dall’emittente televisiva australiana a corredo dell’inchiesta svolta, si concentra soprattutto sullo sfruttamento del lavoro minorile e sulle precarie condizioni di sicurezza di tutti i minatori. È a dir poco agghiacciante!

Le denunce di sfruttamento minorile sono portate avanti da Amnesty International e da Afrewatch e c’è da dire che i loro rapporti uniti alla causa intentata da International Right Advocates hanno smosso le acque: la Repubblica Democratica del Congo si è formalmente impegnata ad eliminare il lavoro minorile nel settore minerario entro il 2025!

Inoltre molti grandi colossi della tecnologia hanno in corso progetti per usare sempre meno cobalto (fino ad eliminarlo del tutto) nelle loro batterie (vedi Tesla e le recenti dichiarazioni di Elon Musk in proposito) o per tracciare i rifornimenti dal Congo e garantire che il cobalto utilizzato nelle batterie agli ioni di litio sia stato estratto e prodotto nel rispetto dei diritti umani e dei lavoratori.

La speranza è che siano portati avanti i tanti studi e progetti per la progressiva eliminazione del cobalto nelle batterie elettriche e, ovviamente, per un sempre più efficace processo di riciclo.

Debora D.

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