Recensione: Safari Honeymoon di Jesse Jacobs

Perché non organizzare un emozionante safari per la propria luna di miele? È questa la scelta di due innamorati e facoltosi sposini che con la loro guida si ritrovano in un mondo selvaggio e fantastico a intraprendere esplorazioni e battute di caccia. Tra gli avvertimenti sui pericoli che li circondano della guida e la sorpresa per gli esseri selvatici che popolano questa natura assurda, la coppia fresca di nozze si trova catapultata in un mondo con leggi fisiche surreali e parassiti che possono entrare nel cervello.

RECENSIONE

È con grande piacere che oggi vi parlo della graphic novel “Safari Honeymoon” del canadese Jesse Jacobs, giunta in Italia grazie alla Eris Edizioni e su traduzione di Valerio Stivè.
Dal titolo si evince che i protagonisti sono una coppia di novelli sposi che decide di trascorrere la luna di miele in un safari, ma toglietevi dalla testa l’idea canonica di safari!.

La loro non sarà una comune escursione naturalistica, vedremo vagare i due piccioncini all’interno di una fitta giungla che, geograficamente parlando, non ha una collocazione specifica ed è popolata da animali strani – dalla morfologia irrealistica – e altrettanto pericolosi, per fortuna, ad accompagnarli una guida-factotum che li aiuterà a muoversi tra le mille insidie che si nascondono nella boscaglia e a non fargli mancare i comfort dei quali necessitano.

La copertina ci dà un’anteprima di quanto troveremo tra queste pagine: una distesa di verde foresta tropicale che va a formare un emblematico teschio e la coppia posta al centro che, ignara del pericolo, amoreggia.
La percezione del paesaggio è criptica perché qui le leggi della fisica e il concetto di tempo non trovano riscontro, tutto è soggetto a mutamento. La vegetazione via via assume connotati grotteschi, figure umanoidi si aggirano inquietanti minando l’idilliaco viaggio degli sposini. La natura ha preso il sopravvento, colmando ogni anfratto, infatti, le pagine brulicano di disegni.
Attraversando questa selva assieme ai due piccioncini diventiamo esploratori di una realtà esterna che li vedrà protagonisti di un ritorno allo status quo, dal momento in cui, in questa impervia natura, entrerà in gioco l’istinto di sopravvivenza che arriverà a cambiarli nel profondo.

“Qualunque cosa a un certo punto si riduce al suo stato più primitivo.”

Quello che compiono i nostri vacanzieri è un viaggio esperienziale fuori da ogni logica, tanto che, a un certo punto, potremmo considerarli una versione 2.0 di Adamo ed Eva.
Il tono generale del libro è quello di un umorismo affilato e un po’ “macabro” rafforzato da questi disegni talvolta mostruosi; nella boscaglia si muovono creature innocue ed altre ben più subdole: parassiti. Lodevole lo sforzo creativo dell’artista di dar vita a una flora e fauna così aliene e lontane dall’idea che abbiamo, dalle caratteristiche ignote e orripilanti.


La cifra stilistica ricorda molto il tratto del celeberrimo “Adventure Time” e, facendo le opportune ricerche, ho scoperto di averci visto giusto, infatti, Jacobs ha contribuito alla realizzazione del cartoon. C’è un alternarsi di meticolose illustrazioni a tutto campo a pagine con tavole suddivise in griglie con più vignette, il colore predominante è senza alcun dubbio il verde, associato al bianco e al nero.
La storia principale, talvolta, è intervallata da vignette con alcune nozioni sull’apparato naturalistico del luogo o sul come sopravvivere lì e in appendice alcune tavole “prequel” con protagonista la guida.


Questa coppia di ricchi borghesi inscena il classico stereotipo del turista negligente nei confronti dell’habitat che lo circonda e concentrato solo sulle sue esigenze; l’intento di Jacobs sembra essere quello di ridicolizzarlo per ridimensionarne la presunzione e, soprattutto, svelarne la patetica impotenza di fronte alla brutalità della Natura attraverso la satira che si manifesta in un’ironia tagliente e perfettamente dosata. Tuttavia, si tratta di un’opera fumettistica che incorpora momenti dallo slancio filosofico e surreale mischiandoci anche componenti fantascientifici e tipici del weird, in particolare quest’ultimo si manifesta non solo nelle stranezze che leggiamo, ma proprio per le sembianze delle creature così “tentacolari” tanto da richiamarmi alla memoria addirittura Cthulhu dell’immaginario di H. P. Lovecraft, solo meno raccapricciante.


In una manciata di pagine viene posto all’attenzione di chi legge il rapporto dell’uomo nell’interazione con un ambiente a lui sconosciuto, la graduale accettazione del diverso che avviene prima attraverso rimostranze e pregiudizi e angherie, solo nel tempo si fa strada – anche con l’aiuto di persone esterne – la comprensione.

Elisa R

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