Recensione : Un oscuro scrutare di Philip K. Dick

Los Angeles, 1994: una droga misteriosa, la sostanza M, invade il mercato seminando follia e morte. La sua origine è ignota come la sua composizione e l’organizzazione che la diffonde. Bob Arctor, agente della sezione narcotici, si infiltra fra i tossici che ne fanno uso, per scoprire chi dirige le fila del traffico illegale: un abito speciale nasconde ai colleghi la sua identità e una sofisticata apparecchiatura elettronica gli consente addirittura di spiare sé stesso nella sua nuova condizione di drogato. Bob giungerà alla verità solo dopo essere sprofondato nel buio e nella disperazione della dipendenza. Un romanzo di straordinaria potenza emotiva, dedicato idealmente a quella generazione che dopo aver sognato un mondo diverso ha scoperto il baratro delle droghe, della dipendenza, dell’annullamento di sé. Canto del cigno di una generazione, Un oscuro scrutare è una vetta amara e lirica dell’opera di Philip K. Dick, e allo stesso tempo un romanzo sospeso tra giallo e fantascienza, ambientato in un futuro dominato dalla tecnologia e dalla manipolazione sociale

RECENSIONE

Un oscuro scrutare (A Scanner Darkly), del 1977, è un romanzo poco fantascientifico, ma molto inquietante.
Ambientato in un futuro assai prossimo, il 1994, vede come protagonista Bob Arctor (l’assonanza con la parola actor, attore, è voluta, come si capirà) è un agente della sezione narcotici. Ha il compito di infiltrarsi tra i tossici per scoprire chi dirige il traffico di stupefacenti. E in particolare quello di una potentissima droga la sostanza M. Ma tutto il suo lavoro avviene in una sorta di totale incognito. Quando si incontra con i suoi colleghi tutti indossano una speciale tuta che nasconde completamente la fisionomia della persona. Ciò gli consente addirittura di spiare mediante delle fotocamere opportunamente piazzate, la vita di un gruppo di tossici di cui egli stesso fa parte. Egli si spia e discute di se stesso tossico infiltrato con i suoi colleghi che non conoscono la sua identità. Ciò dà vita ad una serie di equivoci tra il comico e l’assurdo.

Ma la forza straordinaria di questo romanzo non sta tanto nell’intreccio, quanto nella incredibile capacità di Dick di descrivere la mente perversa dei tossici, ossessionati, paranoici, continuamente alla ricerca di droga e disposti a tutto per ottenerla, mentitori accaniti, inaffidabili e bugiardi. Si percepisce benissimo il desiderio di Dick di mostrarci la deriva drammatica di una intera generazione che ha barattato la libertà con la dipendenza, che ha cancellato le proprie velleità di cambiamento del mondo per una pasticca e una felicità momentanea.

C’è molto di autobiografico in questo romanzo per la nota dipendenza di Dick da molte sostanze, ma anche per il suo desiderio di ricordare i tanti amici portati via dalla droga, e alla fine in una nota conclusiva acclude l’elenco con nomi e cognomi degli amici morti o devastati mentalmente dall’abuso di sostanze stupefacenti. Dick esplicitamente rifiuta l’idea che la sua narrazione contenga una qualsiasi morale. Egli si appella piuttosto al metodo della tragedia classica: osservare in modo moralmente neutro. Tutti coloro che sono morti in fondo hanno avuto il solo torto di voler essere felici per sempre, hanno giocato e hanno perso.

Impossibile, dunque, usare questo romanzo come un manifesto contro la droga. Possiamo soltanto entrare in quel tunnel, seguire i protagonisti nelle loro discussioni incoerenti, nelle descrizioni magistrali di vicende allucinate. Di giornate folli, di un continuo inseguirsi. Per lui l’abuso di droga non è una malattia ma solo un errore di valutazione, come sbucare davanti a un’auto in corsa. Ma un errore compiuto da molte persone diventa uno stile di vita, e in questo caso, è uno stile di vita basato su un motto molto semplice: “Sii felice perché domani morirai”, solo che si incomincia a morire molto presto. Osserva Dick che in fondo lo stile di vita del drogato non è molto diverso da quello di tutti noi, solo è molto molto più veloce, si insegue la felicità e ci si ritrova in prossimità della morte.

“In definitiva, allora, l’abuso di droga è soltanto un’accelerazione, un’intensificazione dell’ordinaria esistenza di ciascun uomo. Non è differente dal tuo stile di vita, è semplicemente più veloce.”

Dick non può essere usato mai. Per nessuna causa. Non si presta.

STEFANO ZAMPIERI

One Reply to “Recensione : Un oscuro scrutare di Philip K. Dick”

  1. Bellissima opera e grazie per averlo recensito. Mi permetto di aggiungere che c’è anche un film che ne parla. Bellissimo.
    Con Keanu Reeves Robert Downey junior e altre super presenze. Consigliatissimo.

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