Recensione Un’ambigua utopia, n.12

Il secondo numero della rinata rivista “Un’ambigua utopia. Rivista di critica marx/z/iana” è interamente dedicato al tema delle identità. Così le molte pagine dell’editoriale introducono a una sorta di collettivo di autocoscienza dei redattori: chi siamo, cosa vogliamo, da dove veniamo e verso dove ci dirigiamo.


La commistione tra marxiano e marziano sostiene in modo complesso la passione per la Fantascienza mista alla necessità di “svelare i meccanismi di potere della società, le possibili leggi di sviluppo e le conseguenze di queste leggi” (3)
Una volta chiarita l’identità della Rivista è possibile iniziare la lettura degli articoli che la rendono reale, a partire da “Lode al non umano. La fantascienza e l’esistenza consapevole” di Domenico Gallo, il quale prova a tracciare una linea di sviluppo nella storia della Fantascienza relativamente al tema chiave dell’umano e del non umano, a partire dal suo atto di nascita, il Frankestein di Mary Shelley (1818) fino al cyberpunk e alla fantascienza al femminile.


Una ricerca che si sviluppa e si completa con l’ampio saggio di Roberto Del Piano “Umani, quasi umani, umanoidi, mutanti e androidi. Le identità secondo Philip Dick, che da quarant’anni ci manca. Moltissimo”. Testo interamente dedicato, come si comprende dal titolo, al grande Philip Dick e allo sterminato repertorio di esseri più o meno che umani disegnati nelle pagine dei suoi romanzi. Secondo Del Piano, tutta l’attività creativa di Philip Dick ruoterebbe intorno a due interrogativi: Che cos’è reale? E Che cos’è umano? Interrogativi che si intrecciano e danno vita a un repertorio complesso di esseri ibridi, androidi, mutanti, ecc.


Voglio poi segnalare il saggio affascinante di Laura Coci “Deus non negat infundere mentem. Di golem, homunculi, creature…” che spazia attraverso una serie di suggestioni, dal Golem di Meyrink, agli omunculi di Paracelso e Campanella, per arrivare poi alla creatura di Mary Shelley.
Per la sezione della grafic novel, Gino Andrea Cartosini disegna tre raccontini di Fredrik Brown, “La sentenza”, La prima macchina del tempo”, “Il solipsista”.
Invece per quanto riguarda le narrazioni ci possiamo divertire leggendo “Io e Peter” di Davide Del Popolo Riolo che entra nel tema dei viaggiatori nel tempo visti però come nemici da cui difendersi per salvaguardare il presente da ogni possibile modifica. Finale inaspettato.


Nino Martino ci propone “Cittadinanza certificata” divertente racconto kafkiano e orwelliano su burocrazia, identità, uguaglianza.
“Punto morto” (1954) “ di Judith Merril è il racconto ben introdotto da Laura Coci e tradotto da Del Piano. Esempio classico di Fantascienza degli anni ’50 affascinata dai viaggi verso la luna, dai razzi, dagli astronauti, un fascino destinato a rivoltarsi in tragedia.
Completano questo ricchissimo numero un originale racconto fotografico di Francesco Capponi “Space Needers” e infine una rarità: l’unico racconto scritto dalla fantomatica Ornella De Barba (nel 1963), scrittrice italiana di fantascienza di cui si sa pochissimo e che rappresenta un vero e proprio “giallo”.
Come si vede ci sono davvero tante cose in questo numero 12 di Un’ambigua utopia, non è proprio il caso di perderlo.

STEFANO ZAMPIERI

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