Recensione Madri Mostri Macchine di Rosi Braidotti

Ho scovato questo saggio, edito da Castelvecchi Editore, su una bancarella di book-sharing e sono rimasto colpito dal contenuto, dalla profondità di ciò che vi ho trovato dentro.

TRAMA

Disastri nucleari, biotecnologie, fecondazione assistita, cinema e letteratura di fantascienza punteggiano la costellazione di idee madri, mostri e macchine. Nell’universo scientifico e nell’immaginario culturale il corpo gravido e quello mostruoso si mescolano, restituendo una visione della corporeità femminile come qualcosa di affascinante e mortalmente temibile. Il fenomeno, che privilegia il deviante, il mutante e l’ibrido, sfida così le versioni più convenzionali dell’umano e riafferma il caposaldo del femminismo: la “differenza” come urgenza politica e filosofica.

RECENSIONE

Madri Mostri Macchine è un saggio antologico, a cura di Anna Maria Crispino, che affronta e analizza la donna nell’immaginario e nella società, attraverso una disamina degli archetipi mostruosi. Analizzando le figure mostruose della letteratura fantastica, Rosi Braidotti traccia delle linee di congiunzione che arrivano al corpo femminile. Fili sottili, spesso invisibili, ma che legano la donna come una marionetta nel grande teatro mediatico dell’uomo.

Attraverso un linguaggio molto accademico (almeno per me, che non lo sono) emerge un concetto che vede l’uomo, il maschio, al centro del mondo. Un essere perfetto, che lo porta a indentificare tutto ciò che non è maschio come “Altro”, sia esso un mostro spaziale o una donna.

I saggi contenuti nell’antologia si basano su confronto tra l’immaginario fantascientifico, spesso cinematografico, e la figura della donna e tutte le implicazioni che, più o meno direttamente, le vengono attribuite. Razzismo, deformità, emancipazione, accettazione del diverso (dell’Altro non uomo) sono solo alcuni dei temi che vengono affrontati, che vengono ricondotti alla donna e che possono emergere da un’analisi critica di alcuni archetipi fantascientifici o classici.

La norma che ne emerge appaga le aspettative del regime fallologocentrico, che punta tutto su un corpo docile, riproduttivo, bianco, eterosessuale e normalmente costituito. Tutto ciò che devia da questa norma viene rigettato in un’alterità scomoda. Se la nana di razza bianca evoca stupore e meraviglia, anche nei magnifici dipinti di Velàzquez, la donna nera è mostruosa e quindi in un certo senso irrappresentabile: oscena e fuori dal campo di visualizzazione.

Il tema del mostro, del colui che non è identico al regime, è pregante e porta spesso l’autrice riflessioni che abbracciano molte tematiche lontane dal femminismo e allo stesso tempo identiche. Ridurre, sminuire, privare dei diritti o della dignità qualcuno, a prescindere che lo si faccia per motivi sessuali, religiosi o etnici, porta al medesimo risultato: etichettarlo come diverso, come mostro.

Motivata dalla paura e dal fascino che essi non mancano di esercitare, la scienza dei mostri si adopera a risolvere l’enigma di una normalità che, specie nell’epoca moderna, si fa sempre più esile, e si affanna dunque a cercare risposte nell’alterità svalorizzata del mostro. Dr. Jekyll e Mr. Hide sono l’immagine perfetta di questa duplicità interna al soggetto moderno, che porta la propria mostruosità chiusa in sé, come un segreto osceno che non dà tregua, dal quale non c’è scampo e per il quale non c’è perdono. Nel corso dell’Ottocento, l’omosessualità emerge come forma storica di questa aberrazione per la quale non c’è nome più appropriato di che “il mostro interiore”. Ma il bello del mostro, è che vince sempre.

La natura filosofica degli esposti e il modo in cui vengono affrontati non rende la lettura semplice, sono certo di aver perso almeno il 50% dei concetti espressi e di aver compreso meno di un quarto di quello che ho letto. Eppure consiglio questo testo, soprattutto a chi d’istinto vorrebbe rifiutarsi di leggerlo o vorrebbe etichettarlo come “solita roba da femministe”. La dicotomia tra normalità e altro riguarda tutti, abbraccia il modo in cui viviamo, e porta a un’unica soluzione: l’accettazione.

Aprirci a una visione contaminata, senza dogmi e punti di riferimento inamovibili. Imparare a vedere bellezza del “mostro” , o accettarne l’esistenza senza temerne la presenza, sono i primi passi che dovremmo fare per aprirci a una convivenza migliore.

A presto.

Delos

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