Recensione Poster Girl di Veronica Roth

Sono stato un grande fan della saga di “Divergent” con cui Veronica Roth ha conquistato il grande pubblico e la fama mondiale. Non a caso mi sono fiondato subito quando qualche anno fa è uscito in Italia anche un’altra sua “duologia”, quella di “Carve the Mark” edita da Mondadori. Per la verità sono rimasto abbastanza deluso da quella lettura, ma ciò non mi ha impedito di dedicarmi anche a questo nuovo “Poster Girl” sempre con lo stesso editore. Il risultato? Beh, non il massimo a essere onesti.

La trama del libro

Nella megalopoli del futuro che comprende ormai senza soluzione di continuità Seattle, Portland e Vancouver, a governare è una “Delegazione” che aveva imposto regole rigide alla popolazione, grazie al controllo effettuato con una tecnologia impiantata direttamente in ogni cittadino. Un controllo opprimente che ha scatenato una vera e propria rivolta, sfociata nel rovesciamento del sistema e l’instaurazione di un nuovo governo.

Come conseguenza, tutti i rappresentanti del regime della Delegazione e chi li aveva in qualche modo sostenuti o favoriti, sono stati rinchiusi in una zona chiamata “Apertura”. Il nome in verità non lascia intendere l’opposta realtà in cui vivono, scollegati dal resto della megalopoli e prigionieri di un mondo a parte.

Sonya Kantor è una di questi rinchiusi, un volto particolarmente noto a tutti, da una parte come dall’altra, visto che da adolescente era stata protagonista di una campagna di manifesti di propaganda politica della Delegazione. Ed è proprio a lei che il nuovo ordine si rivolge per venire a capo di una misteriosa scomparsa, avvenuta forse proprio per ordine di qualcuno del vecchio regime.

Quello che troverà fuori dall’Apertura però, non è minimamente vicino al mondo che ricordava. E non è nemmeno migliore.

La recensione di Poster Girl

Che dirvi, se non che non sono rimasto molto colpito nemmeno stavolta. Intendiamoci, forse è solo una questione di aspettative. Il libro, a differenza di “Divergent”, non si propone come il classico Young Adult leggero. Siamo certamente nel campo della distopia, forse nemmeno tanto distante da quella che viviamo tutt’ora visto che i riferimenti tecnologici ci appartengono.

Ma quando si mettono in campo ambientazioni fortemente centrate sulle problematiche del capitalismo sfrenato, del controllo estremo tecnologico, delle differenze sociali e via dicendo, ti aspetti forse che si entri un po’ più in profondità e non ci si limiti a quel solito sguardo superficiale.

Le allegorie sono chiare, il fatto di utilizzare crismi tipici dello YA (con forte tinti Romance), forse non si presta però a valorizzare al meglio i tanti temi importanti proposti. O forse, come detto, era solo un fatto di aspettative.

Perchè come romanzo di intrattenimento la Roth ci sa sempre fare abbastanza bene. C’è quella spolverata di thriller nella ricerca della ragazza scomparsa, quella tinta romance che piace sempre tanto. E ovviamente tutte le caratteristiche dello sviluppo del personaggio come in un romanzo di formazione più classico.

In definitiva, se ci si aspettava un “1984” siamo ovviamente su un altro piano (qualche decina di piani probabilmente) e forse siamo distanti persino da un “Hunger Games” (quanto meno perché ho sentito molta meno empatia). Ma se non altro si fa leggere bene e tutto scorre via liscio. Forse anche troppo, appunto.

Marco

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