Recensione Corpo di Silvio Valpreda

Continua il sodalizio Valpreda-Eris Edizioni, sempre con grandi risultati. Il nuovo racconto dell’autore di Finzione infinita e La minaccia del cambiamento apre la nuova collana di Eris dedicata ai racconti: I Tardigradi

TRAMA DI CORPO

In seguito a un incidente in moto con esiti letali, Alessandra decide di salvare la vita del suo compagno autorizzando il trasferimento della sua coscienza in un corpo artificiale. Per evitargli inutili sofferenze, tiene la cosa segreta all’uomo. Presto però inizia a sospettare che anche il proprio corpo sia stato sostituto e che la sua famiglia l’abbia tenuta all’oscuro.
Alessandra inizierà a cercare prove dell’autenticità del suo corpo, tuttavia il simulacro sintetico è indistinguibile dall’originale. Finirà per chiedersi quale sia il valore del corpo, dove risieda l’identità, se davvero cambiare corpo non comprometta la propria umanità e infine, gettando una luce oscura su quella prodigiosa tecnologia salva-vite, cosa ne è dei corpi feriti, malati, compromessi? I corpi “veri”. Il suo senso crescente di estraneità e sospetto la farà precipitare in una spirale paranoica che la porterà a cercare risposte con ogni mezzo a sua disposizione.
Corpo è un racconto dal ritmo vertiginoso che cattura e trascina in un mondo poco distante dalla nostra realtà, in cui però il progresso scientifico ha permesso, in alcune specifiche circostanze, di eludere la morte. Ma a quale prezzo?

RECENSIONE DI CORPO

La trama ufficiale è già fin troppo ricca e dettagliata, qualsiasi aggiunta alla storia o ai punti salienti della narrazione sarebbe superflua.

Ciò che posso raccontarvi è tutto quello che la trama non dice e che ho percepito durante la lettura.

Corpo è un racconto che ci porta in un futuro in cui la tecnologia ha superato i confini della vita. In cui l’utopia dell’eternità, della salvezza, si trasforma in una distopia ossessiva.

Il corpo, ormai slegato dalla vita, è un oggetto che di primo acchito non ricopre più quel valore che aveva un tempo. O almeno questa è l’idea di Alessandra, che scoprirà a sue spese cosa significa perdere qualcosa che si è sempre dato per scontato. Una parte di noi che da vita ai nostri pensieri, che di dona sensazioni e che porta la nostra esistenza dal mondo “etereo” a quello materiale.

Un tramite che ci dona la libertà di esplorare la vita, di goderla. Almeno finché possiamo toccarla.

Ed è questo uno dei punti centrali del racconto. La consapevolezza di possedere un corpo, di viverlo e di comprenderlo. Di sentire le sensazioni che ci rimanda, percepirne i dolori o i cambiamenti. Fondersi con esso per non scordarsi di esistere, per non impazzire come succede ad Alessandra.

Una donna che guarda le altre donne, già madri, come se non appartenessero alla sua stessa specie, come divinità a cui lei deve inginocchiarsi. Un’anima tormentata dal dubbio di aver fatto scelte sbagliate, di non vivere realmente e di essere solo una brutta copia dentro una copia sintetica.

Il rapporto con se stessi, l’accettazione e i sottili dubbi sul valore della vita permeano le poche pagine di cui è composto il racconto. Lasciano al lettore un vago senso di disagio, come quello lasciato da una domanda troppo scomoda da porre o da una risposta che non si voleva sentire.

Scritto in maniera asciutta, diretta e senza orpelli, la storia vive solamente attorno ai pensieri della protagonista. Silvio Valpreda racconta un tormento senza dare spazio a comprimari, descrittivi o a una vera rappresentazione del corpo di cui parla, quello di Alessandra.

Corpo è sicuramente un testo interessante. Forse un po’ povero in alcuni passaggi, è pur sempre un racconto e per natura non ha spazio di approfondimenti, ricrea una spirale emotiva intensa che riesce a coprire le piccole incertezze che ogni tanto sfiorano l’immedesimazione dell’autore nella protagonista.

A presto.

Delos

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