Recensione: "L'incubo di Borel" di Raul Londra

Trama:

L’incubo di Borel è un romanzo inedito di genere distopico, scritto da Raul Londra, fin dalle prime pagine Raul ci porta in Australia che è divenuto una prigione di contenimento a seguito dell’epidemia di un virus letale che ha dimezzato la popolazione. Qui conosciamo i quattro protagonisti Deliah, John, Richard e Tilda, tutte pedine in ruoli diversi sulla stessa scacchiera, tutti pronti a tutto pur di sopravvivere e di scappare, ma realmente da quale prigione?L’isola o se stessi? Cosa si è disposti a fare in nome del proprio ego? Siamo sicuri che il futuro raccontato con sapienza, realismo e crudeltà attraverso i protagonisti, sia davvero cosi distante da noi? In un crescendo di colpi di scena dove la vittima potrebbe divenire carnefice e dove ogni scelta cambierà inevitabilmente il corso degli eventi quattro vite si intrecceranno loro malgrado e la loro sorte sarà quella dell’intero pianeta. Tu da che parte stai?
N.B. Il romanzo contiene scene destinate ad un pubblico adulto e consapevole.

Recensione:

Deliah, John, Richard e Tilda sono i personaggi principali del romanzo “L’incubo di Borel”, edito da PubMe, ambientato in un futuro distopico, precisamente in Australia, dove si destreggeranno tra le mille insidie dell’Isola. Ma cos’è “l’isola”?
Si tratta di un sistema carcerario – a dir poco estremo – popolato da individui infettati da un misterioso virus che ha decimato la popolazione, pertanto, vi sono obbligatoriamente condotti al fine di prevenire un’ulteriore pandemia e abbandonati lì, in mezzo a questo posto sperduto che ha tutta l’aria di un lager tra l’incuria e gli stenti, facili prede tanto delle guardie quanto degli altri prigionieri. Le misure di sicurezza rendono l’area un vero e proprio campo minato, non c’è via di scampo.

Eppure ci si trova davanti ad un bivio: soccombere e sottomettersi o azzardare un tentativo di evasione con l’alto rischio di morire provandoci.
Non scenderò nel dettaglio, vi dico solo che sarà un susseguirsi implacabile di colpi di scena tutti orientati verso un’unica destinazione: lottare per la propria sopravvivenza e sfuggire al sistema.
L’alternanza dei diversi POV offre al lettore un’ampia panoramica degli eventi; dandoci la possibilità di passare da semplici spettatori ad essere protagonisti, servendoci dei loro occhi e provando così il loro stesso scombussolamento emotivo dato dall’evolversi della situazione.
Sullo stile di scrittura posso spendere qualche parola in più, vi dico subito che è sciolto, privo di artificiosità e coerente con le premesse della sinossi, si mette l’accento sul pathos e la drammaticità delle circostanze; l’autore non si risparmia nel descrivere episodi forti mentre è degna di nota la sua capacità di bilanciare, con pochi tocchi, tanto la personalità del personaggio che sta sulla scena quanto il background nel quale è circoscritto il romanzo.
Il lettore è suo malgrado trasportato in un arco narrativo che solo all’apparenza sembra lontano anni luce da noi, ma vengono toccati diversi tasti dolenti: la conservazione della specie, i meandri oscuri dell’indole umana costituita perlopiù da istinti etc.; insomma niente è lasciato al caso ogni azione ha una sua logica conseguenza.
Ma …
Sì, c’è un ma.
È un libro che ha suscitato in me sentimenti contrastanti, ho apprezzato sia l’originalità che sta alla base stessa della narrazione sia la scorrevolezza del testo, eppure – per qualche motivo che non riesco a spiegarmi neanche io – non sono riuscita ad immedesimarmi come avrei voluto.
Ciò nonostante mi sento di consigliarvelo perché è raro trovare un esordiente che abbia questa padronanza della lingua italiana e sappia riversarla nella scrittura non svilendola o infarcendola di superficialità.

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