Recensione Homeland di Cory Doctorw

TRAMA DI HOMELAND

In “Little Brother” avevamo letto del giovane Man Yallow, detenuto arbitrariamente e brutalizzato dopo un attacco terroristico a San Francisco: un’esperienza che lo aveva portato a diventare leader di un intero movimento di giovani prestigiatori digitali in lotta contro un tirannico stato di polizia. Alcuni anni dopo l’economia della California è al collasso, ma il passato da hacktivista di Marcus gli permette ugualmente di ottenere un posto da webmaster per un politico impegnato in una crociata riformista. La sua nemesi di un tempo, Masha, si rifà di nuovo viva, allora, per lasciargli una chiavetta USB contenente cablogrammi stile Wikileaks che provano le malefatte di aziende e governi: è roba incendiaria, e se Masha dovesse sparire dalla circolazione Marcus dovrà renderla nota al mondo. Masha viene rapita dagli stessi agenti governativi che lo hanno imprigionato e torturato anni prima, e Marcus ora si trova di fronte al bivio: può diffondere l’archivio che gli è stato consegnato, ma non può ammettere di esserne il divulgatore, pena la mancata elezione del suo capo. È circondato da amici che lo ricordano come un eroe hacker, ma non è del tutto convinto che limitarsi a piazzare l’archivio su Internet, prima di esserselo letto tutto, sia la cosa giusta da fare. Intanto qualcuno inizia a pedinarlo, qualcuno che pare essere disposto anche a infliggere dolore per ottenere le risposte che gli interessano…

RECENSIONE DI HOMELAND

C’è una cosa che bisogna osservare prima di tutto: non è facile, in Doctorow, distinguere quanto è fantasia e quanto è invece, già oggi, realtà tecnologica. Certo è che persino le ipotesi più spinte restano comunque, e tragicamente, nell’ambito del verosimile: potrebbe essere proprio così!
Ciò rende la lettura sempre più angosciante: la sequenza di illegalità, di violazioni della privacy, di abusi, di pratiche “necessarie” anche se violente, di censure, di controllo ossessivo, non può lasciarci indifferenti.


Homeland è il seguito di Little Brother. Io di solito non amo le saghe né i libri a puntate. Ma in questo caso faccio volentieri una eccezione. Perché i personaggi sono gli stessi, ma la storia è come se prendesse di mira un altro aspetto della stessa degenerazione della società tecnologica e delle democrazie avanzate.
Se in Little Brother era a tema l’ossessione per la sorveglianza, qui invece il cuore del racconto è la libertà di diffondere notizie anche quando compromettenti o imbarazzanti per le autorità. È chiaro il riferimento allo scandalo Wikileaks che ancor oggi pesa sul destino personale di Julian Assange.


Il formidabile hacker Marcus che abbiamo conosciuto nel romanzo precedente qui è impegnato nella campagna per l’elezione al Senato di un candidato indipendente, e si trova invischiato nella pubblicazione di materiale che mostra le attività illecite e immorali di molti settori della pubblica amministrazione.
Riuscirà nell’intento di render pubblico tutto quello scottante materiale ma a prezzo di molti rischi, e sacrificando la sua carriera e il suo lavoro.
Ci sono molti altri temi laterali come l’inganno dei prestiti d’onore per gli studenti che diventano debiti immensi nelle mani di agenzie senza scrupolo, o il diritto di manifestare ostacolato da forze di sicurezza ottuse e violente.


Insomma, uno spaccato straordinario della nostra attualità, e di quello che (forse) ci attende se non sapremo cogliere le avvisaglie del disastro, se non sapremo difendere fino in fondo i valori della democrazia anche di fronte all’ondata devastante di una tecnologia che talvolta appare interamente controllata dal potere e economico e volta difenderne gli interessi.
Tuttavia, allo stesso tempo, Doctorow ci insegna che quella stessa tecnologia può essere usata per difenderci dai soprusi, per tenere viva la fiaccola della libertà e della democrazia.

STEFANO ZAMPIERI

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