Recensione Cielo di Piia Leino

TRAMA DI CIELO

Helsinki, 2058. Dopo una violenta guerra civile, la società è crollata e il movimento sovranista Luce ha preso il potere sull’ex capitale della Finlandia. I dissidenti politici sono fuggiti al nord, mentre ai cittadini leali Luce ha donato Cielo, una realtà virtuale dove tutto è meraviglioso e colorato. Cielo però è anche un anestetico sociale: addormenta le menti, placa gli istinti e infiacchisce lo spirito. Akseli, un ricercatore universitario, tenta di scoprire la causa dell’epidemia di apatia, che ha annullato gli appetiti sessuali e azzerato le nascite. Ottenuto l’accesso a Cielo, si imbatte in una donna di nome Lina. L’incontro è così potente che i due decidono di incontrarsi anche nella realtà. Da quel momento, tutto cambia…

RECENSIONE DI CIELO

Nel suo memoir “Ricordi della mia inesistenza”, Rebecca Solnit ad un certo punto esordisce così: Il cambiamento è l’unità di misura del tempo. Ma il cambiamento è sempre riconducibile a qualcosa di positivo?


Edito da Voland e su traduzione di Irene Sorrentino, arriva in Italia il romanzo della scrittrice finlandese Piia Leino. Forte di una prosa unitamente rigorosa ed emotiva che armonizza tensione esistenziale e atmosfera fantascientifica, l’autrice ci catapulta nell’anno 2058, in una deprimente Helsinki dove un governo estremista su tutti i fronti, con la cosiddetta “Epurazione” ha cacciato via tutti gli stranieri e letteralmente annientato i dissidenti.
I cittadini rimasti vivono una condizione di assoluta apatia, non ci sono più stimoli né sessuali né di altro genere; infatti, non nascono più bambini e la popolazione sembra avviarsi inesorabilmente verso l’estinzione. L’unica cosa che sembra destarli dal torpore è la realtà virtuale di Cielo, placebo per tutte le necessità, inoppugnabile strumento di controllo che l’assetto politico adopera per soffocare sul nascere qualsivoglia desiderio di ribellione o altro, considerato che crea una vera e propria dipendenza. La vita simulata all’interno di Cielo è un mondo patinato di pace e serenità – creato dall’uomo per l’uomo – che offre quella che, nel libro, viene definita “quiete narcotica”. È praticamente impossibile essere infelici e imperfetti, puoi crearti l’avatar dei tuoi sogni e più tempo passi lì più vuoi starci, è solo per rifocillare il corpo di carne e ossa che il log-out si rende necessario.

La realtà di Cielo manca del peso della storia, non è il mondo di Cielo ad aver creato l’uomo perché racimoli da vivere nelle sue fredde terre, bensì l’uomo ha creato Cielo per il proprio diletto.

A vivere sulla propria pelle queste stesse condizioni sono i nostri due protagonisti e voci narranti Akseli e Iina; non si conoscono ma, quando per uno strano scherzo del destino, si incontreranno proprio su Cielo, qualcosa in entrambi li cambierà nel profondo e cambierà anche il loro sguardo assuefatto sul mondo vero oramai privo di ogni linfa vitale.


Se state cercando una narrazione dinamica, con colpi di scena e situazioni al cardiopalma questo non è il libro che fa per voi.
L’autrice si prende il suo tempo per esporci con frasi mirate sia questo regime politico – improntato su una falsa atarassia – sia le condizioni in cui realmente versa Helsinki. La scelta di una narrazione a due voci che si alternano è vincente perché Akseli e Iina, in modi diversi, hanno personalità ben distinte e il loro approccio alla vita è altrettanto differente.
Pur trattandosi di una storia ambientata nel futuro, ha salde radici nel presente.
La distopia di Piia Leino è credibile perché affronta in modo trasversale questioni cruciali del nostro tempo – il progresso tecnologico, i cambiamenti climatici, l’ascesa del nazionalismo ecc. – indagando in modo avveniristico dove determinate scelte potrebbero condurre la società. Un aspetto che ho molto apprezzato riguarda le ultime battute che segnano la svolta decisiva sul destino dell’umanità, si pone l’accento sulla forza del genere umano di poter cambiare le cose, anche quando sembra di essere arrivati a un punto di non ritorno.
Un distopico che non regge il paragone con i mostri sacri del genere a causa di qualche passaggio farraginoso e alla “lentezza” a cui vi accennavo, ma dal quale si può sempre imparare qualcosa perché riesce a regalare diversi spunti di riflessione ed essere una lettura stimolante.

Elisa R

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