Recensione Spaceman Netflix

Disponibile dal primo marzo su Netflix, il film “Spaceman” è l’adattamento del romanzo Il cosmonauta” scritto da Jaroslav Kalfar e (ri)proposto da Guanda proprio in questi giorni. Nella parte del protagonista, un Adam Sandler questa volta in un ruolo profondamente drammatico, calato perfettamente nella parte di un astronauta diretto all’esplorazione di una misteriosa nube apparsa nel nostro sistema solare.

Un viaggio solitario che diventa non solo un’avventura spaziale, ma un vero e proprio scavare nel profondo del proprio animo. Forse per questo i commenti a riguardo, sono stati subito molto polarizzati (come spesso accade per le opere di significato) tra chi lo ha ritenuto uno flop noioso e chi, invece, ne ha intravisto ben altre potenzialità. E ve lo dico subito, io sono totalmente parte del secondo gruppo.

Spaceman, la trama

Di cosa parla “Spaceman” in onda su Netflix da inizio marzo? La storia ci racconta di un astronauta solitario, Jakub, mandato per primo a esplorare Chopra, una misteriosa nube rosa apparsa improvvisamente nel nostro sistema solare e che da mesi riempie il cielo della Terra.

A organizzare questo primo rendez-vu, è l’ente spaziale della Repubblica Ceca, che ha trovato fondi da sponsor esigenti che hanno riempito l’astronave di Jakub di telecamere e momenti pubblicitari obbligatori. Un viaggio che dovrà durare circa un anno prima del tragitto di ritorno, con tutte le complicazioni del caso. Specie se, come vediamo, la tecnologia presente non è quella sfavillante e futuribile, ma un qualcosa di assimilabile a una sorta di “ucronia” con telefoni anni novanta e strumenti molto retrò.

E a rendere questo viaggio ancora più snervante, i contatti con la moglie di Jakub (Lenka), vengono interrotti dopo che lei stessa aveva preparato un messaggio d’addio per il marito. Lenka, prossima al parto, aveva deciso di lasciarlo definitivamente, ma il controllo missione ha scelto di non rivelare questa informazione.

Nasce così un viaggio dentro il viaggio, in cui Jakub si troverà costretto a scendere a patti con il suo “io” interiore, specialmente dopo che una incredibile presenza aliena si manifesterà all’interno dell’astronave, con le sembianze di un ragno senziente gigante.

Le impressioni a caldo su Spaceman

Ci sono talmente tante cose da dire su quest’opera di un regista davvero molto particolare, Johan Renck.

Discografico, poi regista di clip musicali per alcuni artisti di grande importanza (da Madonna a Robbie Williams, passando per Kylie Minogue o Lana del Rey) e infine dietro la macchina da presa per serie televisive cult: Breaking Bad, The Walking Dead, Vikings e il più recente Chernobyl.

Sul grande schermo si può parlare quasi di un esordio, tanto è passato dalla sua opera prima “Downloading Nancy” del 2008. E ora questo “Spaceman”, che piomba come un fulmine a illuminare questo marzo con un qualcosa che è persino difficile racchiudere in un genere.

Perchè non è una classica Space Opera, questo è certo. Forse non è nemmeno un film di fantascienza come molti appassionati intendono (non a caso a molti non piacerà). Dentro la visione ci ho trovato spunti di tantissimi altri grandi capolavori: ci sono alcune atmosfere in stile 2001, ci sono i flashback di memoria che riportano quasi a Se mi lasci ti cancello, c’è quell’idea di amore oltre lo spazio e il tempo che Nolan ci ha mostrato in Interstellar e c’è tutta la solitudine e l’introspezione di un Solaris.

E lo dico senza il rischio di sembrare blasfemo, il che già è un grande complimento. Da un punto di vista editoriale, ci ho rivisto anche qualche spunto che Alessandro Vietti aveva tirato fuori con il suo “Real Mars” (edito da Zona42), dove gli sponsor più ancora delle agenzie spaziali, erano fautori dei viaggi nello spazio con i loro fondi elargiti non proprio per puro spirito di avventura.

Ma questa, è davvero un’altra storia. E a prescindere dal fatto che si parli di un viaggio spaziale verso una destinazione sconosciuta, forse come detto non parla nemmeno di fantascienza: è il percorso di un uomo che si trova di fronte a tutti gli errori commessi nel suo passato e per la prima volta in assoluto li comprende e ne comprende il peso sugli altri, cercando la possibilità di redimersi.

Il significato del “Ragno” [può contenere spoiler]

A fare da “grillo parlante” in questo viaggio interiore, che riporterà Jakub in tutti i momenti fondamentali della sua esistenza riferita ai suoi affetti primari (il padre e la moglie), c’è una figura che prende la forma di un gigantesco ragno alieno cosciente.

Un personaggio saggio oltre misura, che vive dalla notte dei tempi in questo universo e ne comprende le ragioni e i motivi dell’esistenza. In pace con se e con il tutto, anche nell’ora della sua fine. Perchè, come dice lui, tutte le cose hanno un’inizio e una fine, ma l’universo è sempre esattamente come deve essere, per cui non ha senso preoccuparsi.

Chi si preoccupa, invece, è proprio Jakub, che prima vive in maniera terrorizzante questo incontro, poi pian piano non solo lo accetta nella sua vita giornaliera sull’astronave, ma ne diventa simbiotico tanto da non poterne più fare a meno.

E non può, in effetti. Perchè al di là di una possibile lettura pratica di questo rapporto, quello che sembra palese è che non sia in realtà una figura reale. Jakub è da mesi soggetto a uno stress emotivo senza eguali e il suo cervello ha trovato l’unico modo possibile per riuscire a portare avanti la sua missione senza impazzire.

Il ragno, Hanus, è un Virgilio che porta lo porta a spasso nei suoi ricordi, razionalizzando e analizzando da un punto di vista assoluto e superiore la sua esistenza. Costringendolo al contempo a prendere atto della sua: quella di un uomo profondamente egoista e poco incline nel pensare ad altro e ad altri fuori da se stesso. Una “colpa” che dovrà prima interiorizzare e poi esorcizzare con quello che è la consapevolezza migliore da comprendere: la forza del perdono e della redenzione, un qualcosa che trascende il tempo e lo spazio.

Ed è quello che in fondo, troverà dentro la nebulosa (altra grande metafora del “tutto”, del Tao che contiene il bene e il male, l’inizio e la fine di ogni cosa, amore compreso).

Conclusioni

L’approccio alla visione di questo film, quindi, non dovrebbe essere quello di un appassionato di viaggi spaziali, perchè non è quello il focus principale. Spaceman è sostanzialmente una grande e infinita storia d’amore, fatta di colpe e di redenzione, di gioie e di sofferenze.

Ma soprattutto è la necessità di consapevolezza. A costo di venire a patti con i nostri mostri interiori, accettando la nostra natura e aspirando a migliorarla. Perchè non è mai troppo tardi.

Con in più una mano magnifica in regia che esalta l’interpretazione straordinaria di un sempre più maturo Adam Sandler. Se era già stato monumentale in Diamanti Grezzi, qua rasenta la perfezione. Alla faccia di chi lo crede (o lo credeva) un attore da commedie da due soldi.

Consiglierei la visione di Spaceman? Assolutamente sì. A patto di avere il cuore aperto, più ancora della mente (e a patto di non aspettarsi un film action spaziale).

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