Speciale: "Kallocaina" di Karin Boye

– A cura di Riccardo Muzi –

Buongiorno!
Ma quanto sarebbe bello, amiche ed amici, iniziare la giornata in poesia? Eh, lo so (sospiro) Sarebbe meraviglioso e quasi utopico se non fossimo in una pagina dedicata al genere distopico. Ma da noi, tutto è possibile. Prendete un po’ di fiato e…

Armata, diritta e corazzata
avanzavo
ma l’armatura era di paura colata
e di vergogna.
Voglio gettar le armi,
spada e scudo.
Quella dura ostilità
Era il mio gelo.
Ho visto i semi secchi
germogliare infine.
Ho visto il verde chiaro
svilupparsi.
Potente è la gracile vita
più del ferro,
spinta dal cuore della terra
senza difesa.
La primavera albeggia nelle regioni invernali,
dove gelavo.
Voglio accogliere le forze della vita
disarmata.

Questi versi, splendidi davvero, sono stati composti dall’autrice del romanzo di cui parleremo oggi. Una poetessa-scrittrice che riuscì a ritagliarsi uno spazio tutto suo, fra gli uomini che, nella prima metà del Novecento, impreziosirono la letteratura moderna con opere distopiche.

Poesia

KALLOCAINA di Karin Boye

Karin Boye - Kallocaina

LA TRAMA 
Dalla quarta di copertina (Casa editrice Iperborea)
“Chi non ha mai sognato di possedere il siero della verità e penetrare nel segreto della mente e del cuore degli altri e di se stesso? Quale giudice non lo vorrebbe, quale potere non lo riterrebbe l’ideale strumento di controllo? Kallocaina è appunto il nome del siero della verità che lo scienziato Leo Kall ha inventato per garantire allo Stato sicurezza e stabilità. Ma la verità sfugge alla strumentalizzazione, i suoi effetti sono sconvolgenti, rivelando la complessità dei rapporti umani e portando il germe della disgregazione nel sistema. Scritto nel 1940, quando era difficile nutrire grandi speranze nell’avvenire, Kallocaina ha in comune con Noi di Zamjatin, Il mondo nuovo di Huxley, 1984 di Orwell l’allucinata visione di una società spersonalizzata, dominata da uno Stato poliziesco che arriva a invadere anche la sfera privata dei cittadini sopprimendo ogni libertà. Benché le distopie appaiano spesso ingenue e superate dalle atrocità del reale, le questioni sollevate dal romanzo suonano di allarmante attualità…
Ma l’originalità di Kallocaina (…) sta altrove: nella progressiva presa di coscienza che verità e ragione, verità e controllo, verità e potere restano inconciliabili…”

Kallocaina - cover 2L’INCIPIT

“Il libro che mi accingo a scrivere sembrerà senza senso a molti – sempre che osi pensare che “molti” possano leggerlo – dal momento che neppure io, che mi metto all’opera di mia spontanea volontà, senza che nessuno me l’abbia ordinato, ne ho ben chiaro lo scopo. Non si fa ormai che esigere sempre più inesorabilmente un obiettivo e un metodo in tutto ciò che si fa e si dice, e neanche una parola viene lasciata al caso. Solo l’autore di questo libro si è visto costretto a procedere in senso opposto, seguendo la via dell’inutilità. Anche se gli anni trascorsi qui come prigioniero e chimico – credo più di venti, ormai – sono stati certo anni di lavoro e di costante pressione, dev’esserci stato qualcosa dentro di me a cui non è bastato e ha maturato e diretto a mia insaputa un altro compito, uno che a priori non avrei mai potuto assumermi, e nel quale, tuttavia, sono rimasto profondamente e quasi dolorosamente coinvolto. Quel compito sarà concluso quando avrò terminato il mio libro. Mi rendo conto dunque di quanto queste mie note debbano apparire assurde sotto ogni punto di vista razionale e pratico, ma non posso fare a meno di scrivere.”

Inzia così il romanzo di Karin Boye: con un grande punto interrogativo. Perché si avverte l’esigenza di scrivere? Perché siamo spinti a raccontare, a mettere nero su bianco, quello che ci accade, o ci è accaduto, e le conseguenti emozioni? Forse perché è una naturale inclinazione dell’animo umano e l’autrice sottolinea la provenienza irrazionale di questo moto: direttamente dal cuore del suo protagonista. Leo Kall, un uomo di scienza, uomo abituato a procedere con metodo, lascia che la sua mano impugni la penna senza alcun obiettivo,almeno a sua detta, per trasferire alle generazioni future una vicenda personale, che probabilmente, nel suoi pensieri più reconditi, spera di esorcizzare vivendo nella speranza che non possa più ripetersi.

Kallocaina - cover 3LA RECE

Prima di qualsiasi commento sul romanzo è necessario fare un piccolo excursus sulla vita dell’autrice. Karin Boye è una figura dolorosa e lacerante. Poetessa, scrittrice e critica letteraria svedese, omosessuale, o forse bisessuale, in un epoca in cui, in Svezia, l’omosessualità è un reato (fino al 1944). I suoi conflitti interiori hanno influenzato tutte le sue opere: un anno dopo aver scritto “Kallocaina” si tolse la vita malgrado stesse seguendo delle cure psicoanalitiche.
Questo il contesto emozionale che muove la prosa di Karin Boye: una continua lotta con se stessa e con la società circostante che la obbliga ad essere solo un simulacro della propria persona. Lo stridore di questa contrapposizione viene convogliato nel romanzo attraverso le vicende di Leo Kall, l’inventore del siero della verità.
“Kallocaina” venne pubblicato nel 1940, otto anni dopo “Il mondo nuovo” di Huxley e otto prima di “1984” di Orwell, un’equidistanza temporale significativa. L’alienazione, la perdita della propria personalità e uno Stato talmente incombente da riempire ogni piccolo anfratto dell’animo umano, sono le componenti che caratterizzano anche il libro della Boye; l’autrice svedese però, al contrario di Orwell e Huxley, sostiene che le sfortune dell’uomo non sono solo da imputare all’assolutismo o a un governo dispotico: i veri carnefici dell’esistenza umana siamo noi stessi e la nostra coscienza intesa come sovrastruttura. Il nostro super-io si tramuta nel peggiore dei dittatori e dal quale, “la resistenza”, sotto forma delle più semplici emozioni, può solo tentare di liberarci.
La verità estorta ed imposta come sistema per controllare i cittadini dello Stato mondiale è un’arma a doppio taglio: fa emergere ciò che si nasconde; ma in quel posto buio, lontano dagli occhi indiscreti della società, c’è tutto quello che vorremmo essere e che desideriamo: una bomba che, per quanto la si voglia disinnescare, è pronta ad esplodere in ogni momento.

Karin BoyeL’ESTRATTO

Amiche ed amici, siamo ai saluti anche oggi. Come di consueto, prima di lasciarci, ma solo per oggi, alcuni suggerimenti: prima della lettura di questo romanzo, qualora avessi solleticato la vostra curiosità, cercate di dimenticare i padri putativi del genere distopico e le loro opere. Gettatevi a capofitto nel mondo del siero della verità per scoprire che ,in realtà ,non è che faccia così male.
Per convincervi definitivamente alla lettura di “Kallocaina” ecco un estratto:

“E su cosa è fondato appunto lo Stato? Se ci fosse qualsiasi ragionevole motivo per avere reciproca fiducia fra gli uomini, lo Stato non sarebbe mai sorto. La ragione sacra e necessaria dell’esistenza dello Stato è la nostra mutua, legittima sfiducia l’uno dell’altro. Chi mette in dubbio questo fondamento, mette in dubbio lo Stato”.

Lo scriveva Karin Boye (nella foto) nel 1940.

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