Alla scoperta delle prime tracce

Cos’è la fantascienza?

La fantascienza è un genere narrativo che ha come tema portante l’impatto della scienza e/o della tecnologia – reale o immaginaria – sulla società e sugli individui che la compongono.

Abbiamo già narrato gli inizi del genere in questo bell’articolo ma nessuno ci vieta di infilarci il caschetto e iniziare a scavare tra le sabbie del tempo per scoprire che in un passato molto lontano si parlava già di fantascienza. Ovviamente non bisogna aspettarsi riferimenti tecnologici precisi, prima dell’avvento dell’era moderna la scienza inspiegabile veniva identificata come magia o come manifestazioni sovrannaturali e divine.

Secondo alcuni studiosi il primo vero testo di fantascienza mai scritto, su tavoletta di argilla con sottilissimi caratteri cuneiformi, è l’Epopea di Gilgameš. Redatta circa 4500 anni fa (si, esatto, 2500 anni prima di Cristo) nel cuore del grandioso impero Sumero, l’epopea ha una chiave di lettura che permette di associare le gesta del giovane re a quelle di un’esploratore spaziale che entra in contatto con razze superiori. Queste creature, che vengono identificate come dei, creano la vita, la ibridano e cercando di gestire l’evoluzione del popolo sumero attraverso i loro poteri incomprensibili per i mortali.

“Dov’è la fantascienza? Questo sembra più un fantasy.” L’ho pensato anch’io all’inizio, almeno fino a quando non ho dato uno sguardo più attento ai riferimenti astronomici dell’opera.

I sumeri identificavano i corpi celesti chiamandoli MUL e secondo i loro studi, pervenutici tramite i racconti, il sistema solare era composto da 12 MUL (Sole, Luna e dieci pianeti) più un pianeta mancante andato distrutto (Timat). Un dato scientificamente sbagliato, almeno fino a non molti anni fa.

Il Sistema Solare è sempre stato conteggiato con 10 MUL: Sole, Mercurio, Venere, Terra, Luna, Marte, Giove, Saturno, Urano (scoperto nel 1781) Nettuno (1846) e Plutone (1930). Se contiamo Cerere (un pianeta nano scoperto nel 1801 da Giuseppe Piazzi, in orbita fuori dalla fascia di asteroidi tra Marte e Giove, che secondo gli ultimi studi scientifici è ciò che resta di un pianeta scomparso) e Sedna (il decimo pianeta scoperto nel 2003 e ufficializzato dall’Unione astronomica Internazionale nel 2004) iniziamo a intravedere un po’ di scienza reale nella leggenda sumera. Se poi continuiamo nella nostra rilettura del mito troviamo vaghi riferimenti ai viaggi nelle dimore degli dei e alla loro capacità di creare la vita attingendo a fonti esterne. Qualcosa di molto simile alle teorie della Pansperima, ipotizzata dal filosofo greco Anassagora e sostenuta nel moderno mondo accademico da molti luminari (uno su tutti il fisico britannico Fred Hoyle), secondo la quale la vita sul pianeta si è evoluta grazie a batteri provenienti dallo spazio.

Questi dettagli, e molti altri più infinitesimali tra cui il diluvio universale tipico della narrazione post apocalittica, hanno attirato l’attenzione dei grandi pensatori/letterati della fantascienza, portando alcuni di essi ad identificare l’Epopea di Gilgameš come prima storia fantascientifica.

Se l’opera sumera vi sembra più fantastica che fantascientifica possiamo avanzare di qualche passo lungo la retta del tempo e, saltando Anassagora di cui vi ho già accennato, ci fermiamo nell’antica Grecia per dare uno sguardo ad alcuni testi interessanti.

La storia vera di Luciano di Samosata è il primo testo che narra di un viaggio sulla luna e di una guerra interplanetaria per la colonizzazione di Venere. Raccontata con lo stile paradossistico de La guida galattica degli autostoppisti dell’epoca, Samosata intraprende un viaggio oltre i confini del mondo e supera le Colonne d’Ercole con un gruppo di avventurieri. Un tifone solleva la loro imbarcazione a 3000 stadi d’altezza (circa 570 chilometri) facendoli atterrare sulla Luna dove vengono catturati dal re Endimione e coinvolti nella guerra contro il regno del Sole di Fetonte.

Ovviamente non ci sono elementi tecnologici di spicco ma non trovate che questo tipo di storia ricordi molto quella di John Carter di Marte? Anche lui trasportato per magia su un pianeta e coinvolto in una guerra tra due razze aliene (e superiori).

Gli Uccelli di Aristofane, invece, affrontano per la prima volta il tema delle città volanti e della coesistenza tra due razze appartenenti a due realtà differenti. Due uomini, disgustati dalla vita sulla Terra, chiedono agli uccelli di fondare una città nel cielo a metà strada tra i due regni, un punto d’incontro in cui infondere il meglio delle due culture per creare un luogo in cui affrancarsi dalle rispettive catene. A tutti gli effetti uno speculativo sociale che tanto piace al giorno d’oggi.

Potrei anche spendere qualche parola su Platone e la sua descrizione di Atlantide ma sono certo che non serve, preferisco spostarmi di nuovo sulla strada del tempo per segnalarvi un ultimo grande testo del passato.

Il Rāmāyaṇa, forse il più importante poema epico dell’Induismo, che narra le incredibili avventure di Rama in lotta per riconquistare il suo regno. Nel testo vengono mostrate delle macchine volanti, le Vimana, capaci di solcare i cieli, attraversare le stelle e immergersi nelle profondità dei mari. Astronavi capaci di fronteggiare i giganti di metallo (androidi costruiti per la guerra) o lanciare armi in grado di radere al suolo un’intera città.

La grande differenza di questo testo rispetto a quelli citati in precedenza è che ci troviamo davanti a una space opera che non va interpretata. Si parla chiaramente di macchine volanti, di viaggi tra le stelle e di guerrieri di metallo, e credo che sia a tutti gli effetti il primo vero scritto di fantascienza. Ovvero dove l’impatto della tecnologia influenza la storia della società e del protagonista.

La fantascienza è sempre esistita. Forse non aveva questo nome e forse veniva raccontata in maniera diversa, ma c’era perché le persone hanno sempre amato viaggiare con la fantasia verso mondi lontani.

A presto

Delos V.

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