Recensione: “Ritorno ad Amtara” di V. Ferranti.

Salve gentaccia distopica e ben trovati!

Divertiti durante l’estate? Siete pronti a tornare a un po’ di distopia?

Bene! Ecco la trama del titolo del quale parliamo oggi, NPE Edizioni. Via al copia e incolla!!!

TRAMA:

In un futuro distopico la Terra diventa un pianeta deserto incompatibile con la vita a causa dello scellerato sfruttamento delle risorse naturali e dei disastri ambientali provocati da un’intera stirpe di uomini: i Destinati alla Grande Eternità Scura. Così viene chiamata la casta eletta che domina da secoli il pianeta. Le uniche aree di sopravvivenza sulla superficie terrestre sono all’interno di zone create e presiedute da loro. Ed è qui che trovano rifugio i sopravvissuti alle devastazioni ambientali, l’umanità inconsapevole, assoggettata al potere centrale. Ma c’è un’altra comunità che si nasconde tra le viscere della terra, al riparo dai raggi cocenti del sole e dalle sopraffazioni dei Destinati: sono i Ribelli della Linea Bianca, che si oppongono al loro malefico dominio. È proprio in uno di questi gruppi che milita la giovane e audace Telesa che, durante una missione fallita, viene miracolosamente salvata e portata nel luogo più sacro di tutto il pianeta: Amtara. Qui Telesa ricostruirà il suo passato e si scoprirà dotata di enormi poteri. Nel frattempo il suo compagno di lotta e di vita, Adam, sarà catturato. Cosa si nasconde dietro la loro unione?

RECENSIONE:

Fantascienza? Mmm… no. Distopia? Forse. Come potete leggere dalla descrizione, ci sono alcuni elementi tipici del fantasy, ma su questo ci torneremo.

Andiamo per gradi e parliamo del mondo costruito dietro la storia. Ci sono due fazioni: i buoni e i cattivi. I buoni sono i Ribelli della Linea Bianca, loro seguono il Cammino della Luce, vivono nella natura, le loro anime sono pure, perfette o quasi e consapevoli di tutto questo. I buoni vivono ad Amtara o dentro le montagne e stanno tenendo testa al dominio dei cattivi, ovvero i Destinati della Grande Eternità Scura, le anime oscure che seguono l’ombra e che si reincarnano sempre nella Stirpe Reale e anche loro sono consapevoli di questo: sanno che stanno dalla parte dell’oscurità.
Chi non è né buono né cattivo fa parte dell’umanità inconsapevole, ignaro di essere dominato dai Destinati, ignaro della battaglia tra bene e male, cioè la guerra tra La Linea Bianca e La Grande Eternità Scura. È, appunto, inconsapevole.
Tutte e due le fazioni vivono in ambienti dove la natura prospera, in un modo o nell’altro; il resto del mondo è deserto.
Amtara è una città sacra e segreta guidata dalle sette donne del Supremo Concilio di Amtara. Queste donne hanno dei poteri, come la telepatia e la visione e, se ho capito bene, danno istruzioni ai Saggi Cercatori che stanno nei dintorni.

Passiamo ora alla storia, anche se ho fatto solo un abbozzo della struttura del mondo. Ovviamente anche i cattivi hanno una loro gerarchia, ma devo pur andare avanti.
Devo ammettere che non ho ben capito cosa sia successo nel primo capitolo, ma il succo del libro è questo: la protagonista, Telesa, si ritrova ad Amtara dove viene istruita dalle donne del Supremo Concilio per potersi unire a un gruppo di guerrieri. Poco prima di questo ha perso la sua dolce metà, Adam e, a quanto dice Telesa, non può vivere senza di lui. Era collegata telepaticamente a lui e ora lui è sparito e non può più sentirlo.
Non dico cosa succede ad Adam per non peccare di spoiler.
Telesa quindi si allena nell’arte del combattimento e in altre cose mistiche per poter entrare nell’Area ZM66, il covo dei Destinati che controllano l’umanità inconsapevole. L’obbiettivo è quello di recuperare due Saggi e salvare quanta più umanità inconsapevole.
Nel frattempo, nell’area ZM66 il dottor Vasani viene convocato dai Reali perché deve fare un intervento su una persona (non sto qui a darvi i dettagli). Vasani è sempre stato fedele ai Reali, ai Destinati. Nato e cresciuto sotto il loro dominio, ha sempre avuto dei privilegi rispetto alla maggior parte dell’umanità ed è per lui un onore poter aiutare.
Succede che a un certo punto Vasani inizia a capire che i cattivi sono cattivi e comincia a non rispettare le regole.

Come detto poco sopra, senza stare a pensare troppo al genere, secondo il mio modesto parere è un misto tra la distopia e il fantasy, forse più tendente a quest’ultimo, vista la marea di cliché del genere narrativo. Non ci sono elfi e nani, ma ci sono donne dai poteri straordinari, c’è il bene e il male, c’è il destino di mezzo; tutte cose che vengono ripetute in continuazione.

Ma, se fin qui tutto potrebbe essere oggetto del gusto personale, passando per cose più tecniche come stile e personaggi, la situazione non migliora.

Abbiamo una terza persona onnisciente che narra la storia, onniscienza non sempre gestita bene. Si passa da un personaggio all’altro senza preoccuparsi della confusione del lettore; ora sappiamo cosa pensa Telesa e sulla stessa riga (o quella sotto) possiamo avere i pensieri di una delle sette donne del Concilio. La confusione aumenta anche con i tempi dei verbi: narrata al passato, la storia ha dei passaggi raccontati al presente, per poi passare subito dopo al passato.
Sullo stesso paragrafo possiamo avere una scena in un certo luogo e poi essere catapultati a chilometri di distanza, solo per avere il resoconto del pensiero di un altro personaggio che non ha nulla a che vedere con la nostra scena.
Sullo stile rientrano anche i piccoli cliché e le frasi fatte, tante, troppe, molte concentrate su roba come il destino e l’amore. “Senza Adam sono mezza” ripetuta all’infinito, senza dare però al lettore un episodio dove i due amanti si amano, interagiscono. Due anime in una sola e altre frasi simili sono dappertutto.
Abbiamo anche “Da un grande potere deriva una grande responsabilità”. Questa almeno non è ripetuta.

I personaggi sono tanti. Sulla linea narrativa ambientata ad Amtara, questi personaggi vengono presentati quasi tutti insieme, senza dare il tempo al lettore di capire chi fa cosa. Come se fosse una lista, quasi.
Sull’altra linea narrativa la cosa migliora un po’, è più strutturata.
All’inizio della storia sembra che i personaggi abbiano un loro carattere, fossero autonomi, bene animati, ma più si va avanti più si coglie la somiglianza tra loro. I loro carattere cambia spesso in base all’esigenza di trama, per poi tornare a quello iniziale.
Con Vasani e Telesa l’autrice è stata più attenta, ma anche loro hanno le loro cadute, non sempre giustificate.

Il messaggio. Il messaggio è importante in una storia. Qui viene spiattellato per tutte le quattrocento pagine, fino ad arrivare (in certi punti) a coincidere con una sorta di cristianesimo, o almeno questo a me è sembrato l’intento. La scelta tra il bene e il male è ovunque. Tutti i personaggi l’hanno fatta e tutti sanno che parte hanno scelto.
Come accennato sopra, il destino è di spessore. Nella prima metà del libro sembra che ognuno abbia il proprio destino, con tanto di profezie a confermarlo. Poi, quando serve, alla fine questo destino un po’ può essere cambiato, ma poi capiamo che era tutto comunque parte del destino. Il destino dei cattivi è fare i cattivi, il destino dei buoni è fare i buoni. Si arriva al punto da chiedersi se i cattivi siano davvero cattivi, visto che è il loro destino esserlo. Se un individuo è malvagio perché così è scritto (da qualche parte), è colpa sua? Ha scelto di essere cattivo o era destino? Ammetto di non aver ben capito.

Ci sono altre piccole riflessioni che l’autrice vuole trasmettere al lettore, come i vaccini: i cattivi lo usano per controllare l’umanità inconsapevole. Ora, su questo punto voglio soffermarmi per un attimo, per parlare anche di qualche incongruenza: visto che i buoni sono buoni, decidono di prendere il vaccino campione dai cattivi, così da salvare l’umanità. Ecco, rubare una fiala con una sostanza dentro e romperla da qualche parte non vuol dire che il vaccino sia stato distrutto, ma in questa storia sì. I cattivi non hanno appunti, non hanno formule salvate, non hanno scienziati che conoscono la formula, nonostante i cattivi siano tecnologicamente molto più avanzati dei buoni. Basta rompere una fiala ed è fatta.
Il messaggio che l’autrice voleva dare con questo piccolo episodio credo che sia abbastanza chiaro; va detto anche che la storia è stata scritta prima della pandemia che ci ha colpito dal 2020; ma non funziona così. È troppo utile alla trama che ci sia solo un campione del vaccino prima di distribuirlo in massa e, distrutto suddetto campione, tutto il lavoro degli scienziati dei cattivi va in fumo.

Mi fermo qui, credo di aver giustificato tutte le mie critiche. Il mio giudizio, come avrete capito, è negativo. Peccato, perché l’autrice è anche abbastanza abile nel costruire trame e intrighi (che possono piacere o meno), ma la trama non basta.

Alex Coman

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