Recensione: Come una formica rossa in una goccia d’acqua

Fantastopici eccomi ancora una volta a presentarvi qualcosa che esula dai classici schemi letterari della distopia! Duilio Scalici, giovanissimo, ha una rosea carriera: fotografo, regista e adesso anche scrittore. “Come una formica rossa in una goccia d’acqua” è, infatti, il suo romanzo d’esordio, pubblicato da Giulio Perrone Editore.

Trama

In una ridente città del futuro tutto, o quasi, viene deciso dallo stato, perfino il giorno della morte. A comunicarlo ai malcapitati è un impiegato come un altro, Limbo, il cui lavoro consiste nel recarsi nelle abitazioni selezionate per permettere al condannato di scegliere in che modo lasciare la terra. Che poi dopo non c’è nulla, né paradiso né inferno, e questo in città lo sanno tutti. Limbo vive la vita con leggerezza, perfettamente incastonato nel sistema di cui è parte fondamentale. E come potersi mettere in discussione quando lo spazio per la scelta individuale non esiste? Un giorno conosce una ragazza di cui si innamora, Bianca, e la sua vita, se è possibile, diventa ancora più perfetta. Fino a quando un episodio imprevisto lo costringerà a iniziare a pensare per la prima volta. Niente sarà più come prima. Un’esistenza serena e tranquilla si trasforma in una vera e propria tragedia in cui non è più possibile capire dove sta il bene e dove il male.

Recensione

L’intelaiatura narrativa su cui l’autore ha impiantato questa sua fatica letteraria vede la realtà di questa cittadina senza nome, in cui non piove mai, dove gli abitanti non hanno potere decisionale, sono pedine mosse dallo Stato e subito ci viene pensare a un mondo dis-utopico. Il pensiero autonomo è vietato, passatemi il gioco di parole, addirittura impensabile. Porsi degli interrogativi può mettere nella condizione di provare malinconia e allora se lo Stato “pensa” per te, hai la sensazione di vivere in un luogo ameno.


Tutto è pianificato: nascita, lavoro, morte. Ogni preoccupazione estirpata al principio così ignorando la realtà delle cose si vive serenamente. Beata ignoranza si dice. Ed è così che fino a quel momento Limbo viveva, ma quando le sue certezze vengono meno, eccolo sprofondare in un pozzo senza fondo. L’incontro con Bianca è fatale: due destini s’incrociano e due vite vengono irrimediabilmente stravolte.

Poco prima ho affermato che questo breve romanzo ha connotazioni filo distopiche eppure, anche se la sensazione è forte, non posso non includere anche un’accezione surreale e per l’atmosfera fiabesca, data dalla mancanza di un tempo e un luogo definiti, ricorda tantissimo i romanzi di Mathias Malzieu.
Un libro che presenta pagine di grande sensibilità, ma che per stile e intenti “favolistici” non è incisivo come potrebbe essere a maggior ragione per l’aspetto distopico che resta molto molto blando. Di questa dittatura ne riscontriamo solo i contorni. Bastavano piccoli accorgimenti, approfondire – per esempio – il worldbuilding e quest’egemonia quasi alla “Brave New World” di Huxley per avere un risultato più d’impatto. Sì perché la città ci viene presentata come un’oasi felice, ma il talento dell’autore sta nell’instillare nella mente del lettore un capovolgimento istantaneo, si capisce subito che qualcosa non va e, infatti, il punto nodale del libro è da rintracciarsi nel concetto di pensiero libero\decisionale.

[…] Le cose andavano così perché nessuno si domandava mai perché andassero così. […] lui continuava la sua vita spensierata, come fosse solo un corpo senz’anima, un burattino manovrato da mani invisibili. Questa tranquillità della mente era durata fino a che amare una persona non lo aveva fatto sentire anche fragile.

Si sente l’impronta da regista appunto per il taglio cinematografico del testo che dà vita a una narrazione per immagini. Un aspetto fondamentale ai fini dell’intreccio è la mansione che Limbo è obbligato a svolgere. I funzionari dello Stato hanno decretato, già in tenera età, che il suo lavoro sarebbe stato comunicare la morte ai futuri defunti, ma niente di fantascientifico, immaginatevelo come un normalissimo impiegato.


Per una decisione che il nostro protagonista prenderà all’interno della storia, ho scorto anche un riferimento al romanzo di Josè Saramago “Le intermittenze della morte”; Scalici ci mostra la Morte – che comunemente associamo a qualcosa di astratto e spaventoso – proprio come noi: umana. Quindi siamo propensi a riflettere sul ruolo che è portata a compiere e il tutto è narrato con un tocco di ironia e spensieratezza.
Anche se breve, il libro è disseminato di riferimenti biblici: Asmodeo – rappresentato come un ingordo corpulento che s’ingozza a più non posso, fregandosene degli altri – ha il nome di uno dei gerarchi dell’inferno luciferino, Bianca come una Eva moderna e sui generis per aver “colto la mela” della conoscenza. Infatti Bianca ha scommesso sui propri sogni, scegliendo di cambiare radicalmente la sua vita.

Il titolo trovo sia molto suggestivo, “Come una formica rossa in una goccia d’acqua”, è una metafora che si presta bene nel trasmettere un senso di impotenza e sottomissione, come la “Campana di vetro” di Sylvia Plath che se da un lato protegge chi sta al suo interno, dall’altro lo opprime e imprigiona.
Ne consiglio la lettura a chi vuole cimentarsi in un volume non troppo corposo, ritagliandosi giusto un paio d’ore per sé ma leggendo comunque qualcosa di qualità.

Elisa R

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