Recensione Materia di Jacopo La Forgia

Elena si sposta da una parte all’altra del mondo, vaga come mossa da un destino oscuro.
L’acqua ha sommerso buona parte delle terre conosciute, gli animali si sono pressoché estinti e tutto lascia presagire la fine della vita sul Pianeta. Ma qualcosa c’è ancora, e tutti gli esseri con cui avrà a che fare nei suoi viaggi hanno qualcosa da raccontare, esperienze che finiranno per intrecciarsi col destino di Elena, che in qualche modo sembra essere legato al destino dell’umanità e degli elementi. Elena parte da Venezia, e a Venezia torna: ma dall’incendio di una fabbrica in Turchia a una Amsterdam dai tratti onirici, da un’improvvisa chiamata alle armi alla conversazione con l’ultimo elefante vivente rimasto, i percorsi di Elena faranno affiorare i frammenti e i ricordi che narrano agli uomini la loro ultima storia.
Jacopo La Forgia, già noto al mondo del racconto e della fotografia, esordisce con un romanzo onirico, lieve e dolcemente catastrofico. Con un linguaggio asciutto e immaginifico si racconta la rinnovata Odissea di una donna, che attraversa un mondo sottilmente distopico e colmo di spunti per riflessioni attualissime.

RECENSIONE

“Materia” è il romanzo d’esordio di Jacopo La Forgia, pubblicato da Effequ.
Già dalle battute iniziali il lettore viene trasportato in medias res all’interno dell’universo narrativo ideato dall’autore: un mondo parzialmente sommerso dall’innalzamento del livello del mare e dove quasi tutte le forme animali sono scomparse. Quest’estinzione di massa ha spinto l’uomo a preservarne la memoria attraverso l’arte, plasmando monumentali statue di marmo con le loro fattezze.
Intanto s’insinua la guerra.
La nostra attenzione è rivolta su di Elena, donna inquieta che si sposta da una città all’altra portando con sé un bagaglio inespresso di turbamenti. E noi la seguiamo in questi suoi viaggi – i luoghi che visita non hanno nome e ci vengono presentati in una veste più surreale – a lei si affiancano Gabriele e Andrea, che dei suoi immensi giri per il mondo diventano la sua unica costante.

“Materia” è un’opera narrativa che si risolve in circa 160 pagine dove abbiamo il sentore di una società liquida alla Zygmunt Bauman. Per alcuni aspetti mi ha ricordato la novelette “L’unica innocua meraviglia” di Brooke Bolander in particolare per il sentimento di ingiustizia e rabbia che serpeggia per tutta la durata della lettura e, scendendo sul lato tecnico, un altro parallelismo che salta subito all’occhio è la mancanza dell’elemento tecnologico, tuttavia hanno in comune l’atmosfera pessimistica e catastrofista tipica dei distopici e la presenza di un elefante parlante che potremmo identificare come una sorta di spirito guida.ù


Il sottotitolo non è una scelta casuale gli elementi – acqua, aria, fuoco e terra – si manifesteranno tutti.
Per la sua architettura stilistica non possiamo dire di aver davanti un classico romanzo, bensì una raccolta di racconti. Ogni episodio potrebbe essere letto singolarmente, ciò nonostante convergeranno tutti verso un epilogo comune. Si tratta comunque di storie che si intersecano in maniera omogenea tra di loro.
Infatti risulta una scelta ingegnosa offrire una narrazione per istantanee, così che alcuni accadimenti restino maggiormente impressi nella memoria di chi legge.

L’esposto vede un alternarsi di prima e terza persona e la mancanza di riferimenti geografici contribuisce ad acuire quel senso di ovattato che permea l’intero libro.
Anche se le sorti del mondo sembrano affidate alle mani di Elena, non verrà mai raffigurata come una paladina della giustizia senza macchia e senza paura, però se di lei riusciamo a coglierne diverse sfaccettature ciò che davvero risalta è la totale assenza di altre figure femminili. E non ce ne viene spiegata la ragione, infatti, diversi aspetti resteranno nell’ombra, quasi a richiedere al lettore di fare uno sforzo ulteriore d’immaginazione e forse questo è l’unico vero grande difetto che sono riuscita a trovare. Mi sarebbe piaciuto avere maggiori dettagli sull’origine del fenomeno e della sua portata.

“[…] fino a quando gli uomini rimanevano sulla terra, l’estinzione degli animali non si poteva arrestare.”

Anche se non emerge mai davvero con prorompenza, è distinguibile una natura fuori controllo. Un ecosistema a rischio – che lo colloca anche all’interno della climate fiction – trasmette percezioni alterate dell’ottica antropocentrica intuiamo che una delle cause che lo ha portato allo sfacelo sia stato tanto lo sfruttamento delle risorse naturali quanto quello degli animali.
È lampante, invece, il messaggio di fondo: l’uomo è un intruso. Un granello di sabbia nell’immensità del mondo che lo circonda, anche se la sua presenza ha causato solo morte e distruzione, egli è solo di passaggio mentre la Natura resterà imperitura e risorgerà dalle sue ceneri.

Elisa R

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