Recensione: Dollhouse

“Ci sono tre fiori nel vaso. Il terzo fiore è verde.”

Adelle DeWitt

O cavolo! Cosa sta succedendo?!
Ron adesso non si dedica più soltanto ai videogiochi, ma anche alle Serie TV?
Ebbene sì, se c’è qualcosa che riesce a drogarmi più dei videogiochi sono, per l’appunto, le Serie TV.

Dire che sono un divoratore seriale (ah ah battuta tristissima) è riduttivo. Sin da quando ero piccolo ciò che mi piaceva più di un film erano le Serie TV, quando ancora li chiamavano telefilm (sì ok, datemi del boomer).

Tuttavia, cari bambini all’ascolto, tempo fa non esistevano servizi come Netflix, Disney+, Prime Video, Paramount+, Infinit… no ok, quest’ultimo servizio evito di citarlo data la sua pessima qualità.

Tempo fa bisognava accendere la cara televisione, aspettare un determinato orario e l’episodio di quel telefilm veniva trasmesso, con tanto di pubblicità, rendendolo più lungo dei classici 45 minuti. Poi bisognava aspettare una settimana. Sì, ci sono delle Serie TV che vengono trasmesse, ancora oggi, in questo modo, ma parliamo di prodotti italiani di scarsa qualità o repliche continue.

Ebbene, immaginatemi, nei primi mesi del 2000. In quel periodo il massimo del fantasy/fantastico era “Streghe“. Wow, pazzesco, fin quando non è morta Prue (attenzione SPOILER!). Della fantascienza di “X-Files” non ne volevo sentire parlare dato che ne avevo paura. Vedo la pubblicità di un telefilm su una cacciatrice di vampiri, tale “Buffy“.

Joss Whedon, il creatore di “Buffy”, “Angel”, “Firefly” nonché di film come “The Avengers” e “Avengers Age of Ultron”

Devo vederlo per forza!” e così andò e fu amore a primo episodio. Quello fu il mio approccio con un prodotto del regista Joss Whedon. Insieme allo spin-off “Angel” fu uno dei prodotti al quale mi affezionai terribilmente.

Buffy” mi accompagnò per i miei cinque anni del liceo, fino alla fine dell’ultimo episodio. Ne volevo ancora. Pretendevo altri prodotti di Joss Whedon. Venni quindi a conoscenza di una piccola meraviglia, di cui purtroppo nessuno parla mai, che è “Firefly“.

La divorai tutta in quattro giorni, compreso il film di chiusura “Serenity“.
“Cavolo, ancora! Ho bisogno di altri prodotti di Joss! Ti prego, Whedon, crea di nuovo una meravigliosa Serie TV” dicevo ogni volta.

Paradossalmente, parve quasi che il regista diede ascolto alle mie richieste, e nel 2009 vidi un trailer della Serie TV che più mi è rimasta impressa nel corso degli anni. Al punto che quando, qualche settimana fa, è stata inserita nel catalogo di Disney+, ho dovuto necessariamente fare un rewatch.

Al punto che ho deciso di scrivere questa recensione.
Signore e signori di Leggere Distopico e non, è con grande emozione che oggi ho l’immenso piacere di parlarvi di “Dollhouse“.

“Mi sono addormentata?”

Dollhouse. Un’agenzia segreta di cui quasi si sconosce l’esistenza, se non attraverso voci di corridoio, che può risolvere qualsiasi esigenza di qualsiasi natura. Basta rivolgersi ad essa, sganciare un assegno con molteplici zeri dopo la prima cifra, ed ecco che la Dollhouse entra in azione.

Non ha importanza quale sia la richiesta. Dall’avventura di una notte con un’avvenente ragazza all’esigenza di compagnia durante una giornata a ricca di sport estremi; dall’avere un intermediario durante un sequestro di una ragazzina al bisogno di avere una guardia del corpo.

La Dollhouse è sempre pronta a soddisfare ogni potenziale cliente.

Per farlo invia i loro “attivi” o “doll” dal cliente di turno. Ma cosa sono le doll? Si tratta di giovani ragazzi e ragazze, quasi privi di una propria personalità, al pari di quella di un bambino, totalmente neutra. In base all’esigenza del richiedente viene impressa in ogni doll una personalità appropriata allo scopo di ottenere il massimo del risultato.

Echo e Topher, due dei personaggi più importanti di Dollhouse

Così le doll diventano pericolosi criminali, o delle seducenti accompagnatrici. Non esiste nessuna recitazione. Ogni attivo è al 100% ciò che il cliente ha richiesto. Ad ognuno di questi viene affiancato un agente incaricato dalla Dollhouse, che vigila sull’attivo per dargli supporto e intervenire nei momenti più critici… un vero e proprio guardiano.

Ogni volta che il compito arriva alla sua conclusione, le doll tornano alla base, dove la personalità viene nuovamente cancellata, facendo ritornare l’attivo nello stato neutro.

La vera e propria trama inizia quando la protagonista, Echo, inizia ad avere dei ricordi, non solo del suo passato prima che entrasse a far parte della Dollhouse, ma perfino delle molteplici personalità che le sono state impiantate e che il processo di cancellazione non è stato in grado di eliminare del tutto.

Inizia quindi la sua personale storia, alla ricerca di quella verità che l’azienda cerca in ogni modo di tenere nascosta insieme ad oscuri segreti avvenuti con Alpha, un attivo che, ribellatosi alla Dollhouse ha deciso di fuggire senza prima aver mietuto un numero ingente di vittime tra i suoi stessi simili.

Molto spesso vedremo Echo in versione neutra, con una personalità che rasenta quasi quella di una bambina

“Solo per qualche attimo”

Raccontata in questi termini, non sembra che Dollhouse abbia chissà quale originalità.

Non è la prima volta che vediamo sul grande o piccolo schermo processi di eliminazione o sostituzione della personalità.
Basti pensare a “Total Recall” (qui da noi arrivato con il titolo di “Atto di forza“) o alla più recente Serie TV “Westworld” (anch’essa un remake di un vecchio film del 1973).

Tuttavia non è il cosa viene raccontato a doverci stupire, ma il come.
Risulta, infatti, impossibile non affezionarsi ad Echo e agli altri personaggi. La ricerca della verità da parte della ragazza risulta, infatti, un viaggio epico che una volta giunto alla sua conclusione ti porterà a dire “sono soddisfatto di ciò che ho visto“.

Alan Tudyk interpreta il pericoloso attivo Alpha

Anzi, ne vorremmo ancora sebbene sappiamo che il finale di Dollhouse è ciò che di meglio potesse essere creato.

Non c’è un solo istante di noia in Dollhouse, o almeno, personalmente non ho mai sbadigliato durante la visione delle due stagioni che compongono la Serie TV. E nonostante abbia fatto un rewatch, non posso che ribadire il concetto.

Dollhouse non è affatto una serie noiosa e che non fa altro che tenere lo spettatore incollato allo schermo affinché arrivi, insieme ai personaggi, all’epilogo della storia.

“Posso andare adesso?”

Come ho detto prima, è impossibile non affezionarsi ai personaggi di Dollhouse.

Se c’è una cosa che adoro, è come Joss Whedon riesca a caratterizzare anche il più secondario dei personaggi. Lo aveva già fatto in “Buffy“, stessa cosa in “Angel“. Mi aveva stupito in “Firefly” e anche in Dollhouse non si è lasciato sfuggire l’occasione di regalarci dei personaggi unici nel loro genere.

Tralasciando il fatto che trovo originalissimo chiamare ogni attivo della Dollhouse con l’alfabeto fonetico NATO, trovo ancora più bello ritrovare “vecchie conoscenze” interpretare nuovi personaggi.

Sì, perché come buona parte dei registi, anche Joss Whedon, solitamente, richiama gli attori che hanno già lavorato con lui per altri suoi futuri progetti, ed è per questo che, anche in Dollhouse, troviamo:

Eliza Dushku (già conosciuta in “Buffy” nel ruolo di Faith) che interpreta la protagonista, Echo.

Amy Acker (la dolcissima Fred in “Angel“) nei panni della dottoressa Claire Saunders.

Alan Tudyk (chi dimentica le sue imprese eroiche da pilota della Serenity in “Firefly” dovrebbe fustigarsi) non è altro che l’antagonista della serie: Alpha.

Summer Glau (anche qui, non dimenticatevi chi era River Tam in “Firefly“) ad interpretare il capo programmatore Bennett Halverson.

La dottoressa Claire Saunders, interpretata da Amy Acker, è in assoluto uno dei personaggi che ho adorato in Dollhouse

Oltre questi c’è un cast di tutto rispetto, con attori che avevo già visto in altre Serie Tv e altri che ho rivisto in futuro.

Tra questi, abbiamo:

Harry Lennix nei panni del guardiano di Echo, Boyd Langton.

Fran Kranz altri non è che Topher Brink, il programmatore che impianta le nuove personalità alle doll in ogni loro missione.

Olivia Williams è Adelle DeWitt, colei che gestisce l’intera Dollhouse di Los Angeles.

Enver Gjokaj è Victor, un attivo mandato dalla Dollhouse per sviare le indagini dell’FBI sul conto dell’azienda.

Dichen Lachman interpreta Sierra, l’ultima doll arrivata alla Dollhouse.

Miracle Laurie la vediamo nei panni di November, un attivo dormiente che può essere risvegliato attraverso un codice verbale anche da remoto.

Tahmoh Penikett (qualcuno ha nominato Helo Agathon in “Battlestar Galactica“?) interpreta Paul Ballard, l’agente dell’FBI che indaga sulla Dollhouse.

Per quanto io detesti le immagini promozionali in posa statica, ecco il cast principale di Dollhouse

“Solo se lo desideri”

Dollhouse conta una prima stagione composta da 13 episodi, di cui i primi 12 sono ambientati nel presente, mentre l’ultimo, intitolato “Epitaph One” ci catapulta in un futuro distopico in cui la tecnologia della Dollhouse è sfuggita di mano ai propri creatori, e la personalità di chiunque nel mondo può essere cancellata perfino a distanza.

La seconda stagione ci riporta nuovamente nel presente, ma adesso le carte in tavola sono cambiate, perché oramai sappiamo cosa ci attende, dato l’epilogo della prima stagione. Bisogna solo vedere come si arriverà a quel punto.

Così come per la prima stagione, anche la seconda è composta da 13 episodi, di cui 12 ambientati nel presente, e l’ultimo riprende esattamente da dove “Epitaph One” si era interrotta, presentandoci il vero e proprio finale della serie intitolato “Epitaph Two“.

Dimentichiamoci del gruppo principale. In “Epitaph One” ci saranno dei nuovi personaggi che dovranno sopravvivere in un mondo stravolto dalla tecnologia della Dollhouse

Purtroppo non esistono ulteriori stagioni, in quanto la serie è stata cancellata dalla FOX (e a tal riguardo vi invito a leggere la lista delle 10 Serie TV di fantascienza cancellate troppo presto).

Potrei stare ore qui a parlarvi del perché dovreste tutti vedere Dollhouse, ma rischierei di far diventare questa recensione più lunga di quel che è già.

Quindi mi limito a dirvi che Dollhouse è disponibile non solo in versione DVD e Blu-ray, ma anche su Disney+.
E se posso darvi un ultimo consiglio: guardate gli episodi in lingua originale, ne vale davvero la pena.

E con questo, io mi defilo, visto che ho già sforato il numero di caratteri massimi per una recensione.
Come al solito, vi invito a farci una bella chiacchierata su questa Serie TV, se vorrete.

Alla prossima recensione!

Ron

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *