EDITORIALE: Considerazioni su un contest letterario di fantascienza italiana

Qualche mese fa noi di LDFO abbiamo pensato bene di complicarci la vita, lanciando un “contest” (perchè chiamarlo concorso o premio è fuorviante) che potesse in primo luogo divulgare quanti più titoli di autori italiani di fantascienza possibile e nel migliore dei modi.

L’idea era quella del “Miglior Romanzo Italiano dell’ultimo Lustro“, ovvero di raccogliere tutti i romanzi più interessanti degli ultimi cinque anni (dal 2018 al 2022 per avere completezza) e metterli l’uno di fronte all’altro in un gioco competitivo strutturato come una sorta di “Champions League” letteraria.

Avevamo, in effetti, appena ottenuto ottimi risultati con lo stesso sistema per quanto riguarda i Romanzi di Fantascienza di autori stranieri, ma eravamo titubanti nel proporre qualcosa su quelli italiani, visto che in tutte le occasioni in cui ci avevamo provato, erano nate continue polemiche (di varia natura).

Spinti anche dallo stimolo derivato da alcuni degli stessi autori, ci abbiamo provato lo stesso. Il risultato? Luci e ombre, che nello spirito di LDFO, non vogliamo mettere sotto il tappeto, ma utilizzare come spunti per delle sane discussioni nel merito.

Le luci del contest

Partiamo ovviamente dai (tanti) lati positivi del contest, che soddisfano in toto le motivazioni iniziali. Il punto centrale era, infatti, divulgare quanti più titoli e autori nostrani possibili e la missione è stata ampiamente portata a termine.

Tantissime condivisioni, like, commenti, richiami e visualizzazioni, che hanno coinvolto diverse centinaia di lettori (oltre 500 utenti unici hanno partecipato alle votazioni del contest), messi ora a conoscenza di un più vasto panorama letterario della fantascienza italiana.

E proprio il rendere tangibile quanta qualità e varietà di offerta fosse presente, è forse uno dei punti centrali, perchè mostrava senza possibilità di dubbio, l’incredibile mole di possibilità che la fantascienza italiana può offrire ai lettori. Se solo si concedono di conoscerla.

Le ombre: qualche considerazione finale

Non nego però, che questo contest ha confermato diversi dubbi della vigilia, oltre a metterne in mostra altri con maggiore vigore. Li espongo senza timore, certo che vengano presi non come critica polemica, ma come spunto costruttivo.

I numeri di nicchia

Quando parlo di una finale che ha mosso circa 400 lettori unici nella votazione, penso dentro di me che è stato un successone. Perchè sono davvero tantissimi, se consideriamo che premi più prestigiosi che si affidano al voto dei lettori, come il “Premio Italia” per il Miglior romanzo, viene assegnato con circa 300 voti complessivi tra tutti e sei i finalisti. E non parliamo del più famoso in assoluto, l’Urania, frutto del gusto di una manciata di selezionati autori in giuria (oltre a quello del curatore).

Insomma non siamo di fronte a plebisciti social, nè tanto meno a esplosioni virali di contenuti. Questo porta quindi a due ulteriori considerazioni: la prima riguarda i motivi per cui non si riesca a “sfondare” questo muro di genere (almeno nei numeri), la seconda che, in un contesto così ristretto, diventa poi più facile essere soggetti a “correnti” o gruppi di maggioranza.

I rapporti tra autori

Detto che di quei famosi cinquecento partecipanti unici, moltissimi tra loro sono anche (o soprattutto) autori a loro volta, viene facile capire come ci siano profonde dinamiche interne anche tra semplici votazioni per gioco.

Ho letto e visto moltissimi autori non votare nemmeno il loro libro, per paura di fare un torto all’amico/a avversario/a. C’è ormai, a mio modo di vedere, un’eccessivo timore di inimicarsi qualcuno così come dall’altra parte, forse troppo timore di incrinare rapporti sinceri.

Il punto però è che non comprendo come mai il votare il proprio libro, o qualche altro che ci è piaciuto, significhi sminuire il valore e la qualità di un altro. E credetemi, ho ricevuto messaggi diretti in tal senso, per cui non è una mera percezione.

Va bene il “fair play”, ma forse sta diventando qualcosa di meno sano se complica persino la possibilità di un gioco che contribuisce, peraltro, alla divulgazione delle proprie opere.

I fantasmi

Che fosse un puro e semplice gioco social, lo abbiamo chiarito fin da subito. Ma ciò nonostante, era anche una bella vetrina in cui divertirsi insieme. Stupisce (a me, almeno), il fatto di non aver avuto praticamente alcuna visibilità o partecipazione da parte di quasi nessuna delle case editrici presenti.

Ok, di sicuro una Mondadori non viene a cimentarsi in questi giochi di cortile, ma almeno quelle medio piccole, mi sarei aspettato avessero tutto l’interesse di attivarsi in tal senso. Non so se è puro disinteresse (legittimo) o solo poca attenzione, ma certo la cosa mi ha fatto pensare.

Del resto il contest riguardava gli autori e i lettori in primis. Anche se pure in questo caso ho visto parecchie differenze, con alcuni casi eclatanti di totale menefreghismo pur se tirati in ballo (anche in questo caso, scelta legittima, ma sono cose che sfuggono al mio senso logico, visto che si sta in pratica lavorando per loro).

Gli autori social

In questo senso, va detto che questo tipo di contest, per sua stessa natura, ha palesato un’altra enorme differenza: quella tra autori “social” e non. In pratica sono venute fuori tre nette distinzioni tra gli autori partecipanti: quelli che non ci hanno degnato quasi di uno sguardo, quelli che si sono impegnati in tutti i modi facendo del loro meglio, e quelli che si sono impegnati in tutti i modi facendo del loro meglio ma hanno già da tempo costruito una base sui social.

Dei primi ho già detto, ma per tutti gli altri vale un grande “grazie” per quanto hanno fatto in questo gioco collettivo, che solo grazie a loro è diventato utile e interessante per il grande pubblico.

Resta il dato palese: alcuni autori smuovevano montagne di voti, altri (pur con romanzi di grande successo, premiati, conosciuti e certamente di grande qualità), una nicchia di lettori molto più ristretta.

Si tratta, lo sappiamo, del “meraviglioso” mondo dei social, quello in cui parafrasando un noto film western: “Quando un autore social con una community, incontra un autore solitario, l’autore solitario è spacciato”. Questo almeno, quando la palla è appunto sul campo dei social media.

Ma è una constatazione importante, perchè mette di fronte alla solita domanda: è davvero fondamentale oggi per un autore, riuscire a costruirsi una propria community social? Deve essere davvero e forzatamente bravo nel creare una sua base di pubblico online?

La risposta in generale, sembra essere “sì”. Ma in una “nicchia” come quella della fantascienza, il discorso non vale solo per le community social, ma anche per i “gruppi” fisici. C’è chi riesce a muoversi bene su uno dei due campi, chi su tutti e due, e chi su nessuno.

Questione di gusti?

Questo porta poi a un’altra considerazione: se nel contest per il Miglior romanzo straniero, i voti sono stati piuttosto equilibrati e riferiti esclusivamente ai gusti e alla qualità dell’opera, in quello per il romanzo italiano, è indubbio che si sia fortemente virato verso la pura “conoscenza personale”. Si votava ciò che ci era più vicino e si conosceva in prima persona, più che ragionando su un gusto oggettivo.

Intendiamoci, qualsiasi classifica votata sui social non può che essere relativa al puro gusto personale, piuttosto che una graduatoria di qualità assoluta. Ma quando parliamo di contest su autori italici, ecco che questa cosa viene resa ancora più evidente, visto che appunto si muovono voti a “gruppi” di conoscenza più che a considerazioni oggettive sulle opere in gara.

Poi resta il fatto che tutti i libri presentati avevano motivo di vittoria, essendo già opere selezionate in partenza come meritevoli. Ma il punto è che, quando si chiede a gran voce di parificare le classifiche e i “listoni” di libri tra autori italiani e stranieri, questo non è ovviamente possibile, visto che la diversità con cui vengono accolti, commentati e votati, è totalmente differente.

Cosa fare per migliorare?

Lo scopo di ogni nostra iniziativa è, come detto, quello di divulgare. Del resto, ci mettiamo ore e ore di impegno personale senza alcun tornaconto che non sia quello della passione e del lato umano. Per questo siamo sempre pronti ad accettare idee e consigli su come migliorare le nostre attività e il nostro approccio.

In questo caso, la soluzione a molti dei dubbi che mi sono posto sopra, credo sia sempre quella che proponeva il buon vecchio Gaber: “libertà è partecipazione”. E, aggiungo, collaborazione.

Soprattutto nel mondo dei social e del web, vedo veramente tantissime persone darsi da fare in maniera incredibile, cercando di costruire il proprio orticello di contenuti con il suo seguito. Una mole di lavoro pazzesca che porta a tante piccole realtà individuali (o di gruppo che sia), ad avere come principale interesse quello di far crescere il proprio orto.

Inutile che sottolinei come, ogni collaborazione effettuata tra realtà diverse, porti a risultati che sono esponenzialmente più grandi rispetto alla somma delle due unità. Nei social, la collaborazione non è solo un modo per abbassare la mole di lavoro, ma anche la scelta migliore per aumentare il proprio pubblico e le possibilità di comunicazione.

Più aperture a collaborazioni, meno interessi esclusivamente personali. Sembrerà banale, ma “questa è la via”.

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