Recensione: Ganimede Blues di Delos Veronesi

“La mia pelle è caffè, non cioccolato.”

Stiamo impazzendo.
Il mondo è sottosopra.
Aaron che recensisce un libro dal titolo “Ganimede Blues“?

Ebbene sì. Sappiate che oltre ad essere un divoratore di Serie Tv e un videogiocatore incallito, sono anche un avido lettore (che poi siano romanzi o fumetti non ha importanza). Ovviamente anche io ho le mie preferenze, ad esempio non leggerei mai “50 Sfumature di Grigio” o i libri Young Adult di Licia Troisi (con lei ho già dato quando avevo 17 anni, e mi è bastata.)

E quindi, quando mi è stato detto che Delos Veronesi stava per pubblicare un nuovo romanzo per Watson Edizioni, la prima cosa che ho pensato è stata “Lo prendo subito e lo leggo in pochissimi giorni“.
Beh, è stata una verità a metà. Nel senso che sì, l’ho davvero letto in pochissimi giorni, ma è anche vero che per iniziarlo ho impiegato mesi e mesi.

Tutta colpa di Stephen King e del suo stupido romanzo noioso che non voleva mai finire nonostante io ci provassi da tanto tempo. E pensare che una volta osannavo il metodo di scrittura prolisso del Re… adesso troverei più piacevole ̶p̶r̶e̶n̶d̶e̶r̶e̶ ̶u̶n̶a̶ ̶g̶r̶a̶t̶t̶u̶g̶i̶a̶ ̶e̶ ̶s̶t̶r̶o̶f̶i̶n̶a̶r̶c̶i̶ ̶s̶u̶ ̶l̶e̶ ̶p̶a̶.̶.̶ . guardare i cantieri come i bravi anziani.


Ad ogni modo. Ganimede Blues, finalmente ha avuto il suo spazio. L’ho letto, come ho detto prima in pochissimi giorni, e questo è ciò che ne penso.

TRAMA

Violenti attacchi terroristici colpiscono Ganimede. La città di Oben viene messa in ginocchio da una violenta esplosione, che getta Karen nel mirino della Sicurezza coloniale.
Lei è una spacetruker, una camionista spaziale, non ha niente a che fare con il fanatismo violento dell’indipendenza. Non le interessano i giochi di potere che stanno spezzando la Federazione Terrestre, vive la sua vita un trasporto alla volta e non ha tempo per inutili ideologie.
Non vuole saperne delle indagini di Hamil o delle motivazioni di Verji, non sono affari che la riguardano, vuole essere lasciata in pace. Lo urla con tutto il fiato che ha nei polmoni, ma la devastazione la travolge.
Viene trascinata in qualcosa più grande di lei, qualcosa che va oltre la vita di un singolo cittadino.

Questi strani satelliti di Giove

Dopo un romanzo riguardante una strana malattia del sonno che colpisce solo le donne, che se vengono svegliate si arrabbiano di brutto (sì, sto ancora parlando del romandi di Stephen King), prendere in mano qualcosa di più leggero è stato davvero un toccasana.

Credevo che il mio istinto da lettore professionale si fosse tramutato in un istinto da lettore da strapazzo, dato che per leggere un libro da 600 e più pagine ci ho impiegato la bellezza di un anno. Purtroppo non riesco a interrompere la lettura di un romanzo, e riporlo in libreria. Lo so, è più forte di me, ma devo sempre arrivare alla fine.

Quindi quando ho preso in mano Ganimede Blues, subito dopo aver posato il romanzo di King mi sono sentito benissimo, anche se avevo il timore che avrei impiegato altri sei mesi per giungere alla fine. Spoiler: l’ho iniziato e finito nel giro di qualche giorno.

E la motivazione non è da cercare solo nella lunghezza del romanzo che conta meno di 120 pagine, ma nella trama in sé e nello stile di scrittura.

Comincio subito col dire che ultimamente, non so per quale motivo, ho notato uno strano interesse nell’ambito fantascientifico per i satelliti di Giove. Prima di Ganimede Blues, infatti, un altro titolo (un videogioco) è stato ambientato in uno dei satelliti del gigante gassoso del Sistema Solare. “The Callisto Protocol” non vi dice nulla?

Ma ovviamente questa è una cosa che ha colpito me come lettore, perché il romanzo si sarebbe potuto intitolare anche “Titano Blues” in riferimento al maggiore dei satelliti di Saturno, e non sarebbe cambiato molto, dato che l’ambientazione è sì importante ma mai quanto la trama in sé.

Somiglianze di un certo tipo

Facciamo subito la conoscenza di Karen, una camionista spaziale che trasporta materie prime o qualsivoglia componente nelle rotte commerciali del Sistema Solare. E come un bravo camionista che si rispetti non è proprio un fiorellino di campo. Cosa che già subito fa scattare la simpatia nei suoi confronti.

Ecco sì, pressappoco ho immaginato Karen così

Anche la sua nave, il suo cargo, ha un nome che farebbe invidia a qualunque Enterprise, Serenity o Battlestar Galacrica. Perfino la famosa Nostromo di Alien dovrebbe inchinarsi di fronte alla nave di Karen che porta il nome di Bigbottom (tradotto letteralmente Grosso Sedere… alias Culona).

E questo è un altro motivo per cui Karen merita tutte le attenzioni del mondo. Poi in quelle poche descrizioni che si hanno, viene descritta come una ragazza dalla pelle color caffè (guai a dirle cioccolato), dai folti capelli ricci. Peccato, io l’avevo subito inquadrata come l’attrice che interpretava Anastasia Dualla in Battlestar Galactica (serie che fa parte della nostra top 30 delle migliori Serie TV degli anni 2000).

Purtroppo non aveva i ricci. Poi ho ricordato che la stessa attrice ha prestato il suo volto per uno dei personaggi più belli di “Uncharted 4: Fine di un ladro” ed eccola qui la rappresentazione perfetta di Karen all’interno della mia mente.

Tre strade che coincidono

Somiglianze a parte, Karen si ritrova improvvisamente coinvolta in qualcosa più grande di lei. Infatti scopriamo che su Ganimede stanno avvenendo degli attacchi terroristici da parte di coloro che inneggiano la libertà del satellite, controllato dalla Federazione Terrestre.

In questo scenario si diramano altre due storie. Quella di Hamil, un cacciatore di taglie alla ricerca di terroristi sulle cui teste pendono alte cifre di Solaris (la moneta locale), e quella di Verji, un soldato inviato dal Generale Ross per conto della Federazione Terrestre per indagare su un presunto attacco terroristico che dovrebbe avvenire a breve e che mina l’incolumità dell’intera città di Oben.

Inutile dire che le tre storie si intrecceranno, facendo sì che solo Karen non abbia idea di che diavolo stia succedendo e perché la sua vita si è ritrovata inspiegabilmente travolta in qualcosa di più grande ma di cui a le non importa assolutamente nulla.

Ganimede Blues è una lettura veloce ma piacevole

Ganimede Blues ha un ritmo veloce, non c’è un attimo di spazio per una pausa se non per qualche bevuta in un bar, ma anche in quel caso le indagini proseguono e capitolo dopo capitolo non si vede l’ora di arrivare alla fine.

Fine che, purtroppo, arriva troppo presto.
Questa è l’unica pecca che ho trovato. Mentre lungo tutta la durata del romanzo ho visto un susseguirsi di azioni frenetiche e non, nel finale avviene tutto troppo velocemente quasi come se Veronesi volesse chiudere in fretta e furia il tutto.

E per farlo, già ho avvisato anche l’interessato, si avvale di una tecnica che ho definito un po’ Dantesca. Ovviamente non faccio spoiler di nessun tipo, perché dovrete scoprire da soli di cosa sto parlando. Comunque ciò non intacca la bellezza e l’integrità del romanzo che, per l’appunto finisce troppo presto.

Conclusioni

Personalmente, Ganimede Blues è stato come un piatto gourmet: una buonissima pietanza, presentata nel migliore dei modi e curata in ogni minimo dettaglio, in grado di farti provare un susseguirsi di emozioni… ma che in due bocconi hai già finito.

E sì, ne vorresti ancora.

Che dire?
Vi invito alla lettura del romanzo in questione, che a parer mio è stata una rivelazione.
Se dovessi dare un voto, un bel 4 su 5 se lo merita tutto (e non metto 5 su 5 solo perché dura troppo poco).

Ovviamente, come al solito, vi invito a farci una bella chiacchierata su questo romanzo, se vorrete.

Alla prossima recensione!

Ron.

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