Recensione: “The boys”

Buongiorno a tutti, si è da poco conclusa la prima stagione di The Boys e credo valga la pena parlarne perché è di sicuro una delle più interessanti novità dell’ultimo periodo.

Se vi state chiedendo perché ne parlo io la risposta è molto semplice, The Boys è una serie ispirata all’omonimo fumetto. Pubblicato per la prima volta nel 2006 e ancora in fase di serializzazione (in Italia è edito da Panini in una meravigliosa edizione Deluxe) narra la storia di un gruppo di agenti della CIA (I Ragazzi) incaricati di fermare la più grande minaccia del pianeta: i Supereroi.

Il mondo è il nostro. Stessa moda, stessi cantanti, automobili e telefoni che usiamo tutti i giorni, non c’è nulla di diverso a parte un piccolo dettaglio: esistono i Supereroi.

I Super non sono quelli che conosciamo e che abbiamo imparato ad amare leggendo i fumetti, sono esseri umani che lavorano al soldo della Vought-American, una multinazionale a cui devono tutto e che controlla ogni aspetto della loro vita.

Visibilità mediatica, followers, profitti sul merchandising, sponsorizzazioni e appalti per la tutela di una specifica città sono il motore dietro alle azioni dei Super. Sono esseri umani come noi, non hanno il cuore immacolato dei paladini fumettistici, hanno capacità estreme che compensano con debolezze altrettanto eccessive.

Se il fumetto di The Boys ha avuto diversi problemi negli anni per via dell’estrema violenza, del linguaggio scurrile e delle scene vietate ai minori (basti pensare che uno dei comprimari, l’agente Kessler, si eccita fino all’onanismo guardando gli atleti mutilati della paraolimpiadi) la serie non è da meno.

Riadattata magnificamente per Prime Original (seppur con ovvie modifiche alla storia originale) The Boys si apre in un contesto che getta subito lunghe ombre sulla purezza dei paladini del bene. Segreti, bugie e omicidi vengono nascosti in favore della forza mediatica dei simboli e del commercio, la Vought usa i Sette (il più forte gruppo di Super sulla Terra) per macinare miliardi di dollari e allungare il suo potere sul Governo Americano.

Il popolo ama gli eroi come degli dei e loro si comportano come tali. Fanno dei mortali ciò che vogliono, l’unica cosa a cui sono interessati è il trono su cui sono seduti. Si nutrono della devozione del popolo e dei loro soldi, non si pongono limiti e si sentono al di sopra della legge umana e morale.

Contro di loro ci sono solamente The Boys, un improbabile gruppo di normali che tentano di punirli per le loro azioni riprovevoli. I personaggi sono forti e ben delineati, ognuno ha delle caratteristiche peculiari e un’unicità scenica che ha reso Frenchie uno dei miei personaggi preferiti per il senso di accettazione della realtà che trasmette.

Scandita da una narrazione che oscilla tra l’emozionale e l’ironico la serie ha una forza narrativa che va oltre la mera apparenza. I dialoghi sono forti e spesso dissacranti, la morte passa dal commovente al grottesco in un battito di ciglia, mentre la bassezza della vita emerge dalla polvere in cui è stata schiacciata.

Se si guarda oltre il linguaggio forte e l’estrema fisicità di alcune scene, The Boys pone molte domande interessanti e degli spunti di riflessione che non passano inosservati.

Siamo sicuri che vorremmo avere dei supereroi? Se fossimo al loro posto, con i nostri vizi e le nostre debolezze, come ci comporteremmo? Ogni giorno litighiamo per un like, urliamo chiusi in auto con quello che ci taglia la strada o coviamo vendetta verso il collega che ha ottenuto una promozione al nostro posto. Se fossimo intoccabili e capaci di fare qualunque cosa sapremmo controllarci?

Vogliamo demandare la nostra sicurezza a delle divinità che hanno perso il contatto con la realtà? Che estremizzano ogni emozione senza curarsi delle conseguenze?

Non serve pensare all’Apocalisse per avere una distopia, basta immaginarsi quello che abbiamo sognato da ragazzi e poi vederlo accadere con il disincanto degli adulti.

A presto.

Delos

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