Recensione: “La casa dei fiori selvatici” di Mathangi Subramanian

Buongiorno cari Lettori, oggi vi parlerò di un libro che mi ha un po’ messo in crisi. Si tratta di “La casa dei fiori selvatici” di Mathangi Subramanian, edito da Editrice Nord.

Perché dico che mi ha messo in crisi? Perché non sempre la storia riusciva a tenermi incollata alle pagine. Nonostante ciò non posso esprimere un parere negativo, perché l’autrice, oltre ad avere uno stile descrittivo ammaliante, ha toccato delle tematiche davvero molto profonde.

In questo libro è racchiusa la forza delle donne, e non mi riferisco a una singola donna, no. La forza delle donne quando creano alleanze, quando si vogliono bene, quando sono sorelle più che semplici amiche.

“Noi ragazze impariamo in fretta che la vita non ci deve nulla, che essere donna implica una serie infinita di seccature, sofferenze e tragedie.”

Siamo a Bangalore e Paradiso, la baraccopoli in cui vivono le nostre cinque protagoniste, sta per essere rasa al suolo. Ma loro non vogliono darsi per vinte e faranno di tutto per sostenere il luogo in cui vivono, anche se gli sta stretto, anche se gli provoca dolore al fisico e all’anima, perché dopotutto, è pur sempre la loro casa.

“Avete presente quella cosa che dovrebbe schiacciarti, sconfiggerti, spingerti indietro, indietro e ancora più indietro? Ecco, se ti giri dalla parte giusta, ti porta lontano.”

Una lettura che consiglio sicuramente, con la raccomandazione di prepararsi a seguire le vicende di più personaggi (non nascondo che in alcuni punti ho faticato un po’ a riconoscere i nomi, anche se all’inizio del libro c’è una specie di albero genealogico), per poter entrare in contatto con una realtà lontana da noi, eppure così vicina.

TRAMA:

Quelli che non sono nati qui non vedono nulla al di là del cartello piantato nel terreno trent’anni fa: SWARGA, cioè «Paradiso». Quando lo leggono, ridono. Noi no. Perché quel nome è assurdo. Ma non è sbagliato.


Sono in cinque. Cinque ragazze nate lo stesso anno a Paradiso, una baraccopoli ai margini di Bangalore, nel sud dell’India. Tutte e cinque sanno che il mondo segue regole ben precise. Se sei un maschio, passerai l’infanzia a giocare con gli amici, poi i tuoi genitori ti faranno studiare e ti daranno l’occasione di migliorare la tua vita. Se sei una femmina, baderai subito alla casa e ai fratelli più piccoli e difficilmente andrai a scuola, perché tanto ti aspetta il matrimonio, ovviamente combinato. Se sei una femmina di Paradiso, ti toccherà pure fare tutto questo da sola, perché tua madre sarà al lavoro, per compensare le mancanze di un padre assente o fannullone, o entrambe le cose. A Paradiso, sono le donne a occuparsi di tutto, senza mai ricevere niente in cambio. Eppure loro cinque non si arrendono. Imparano a prendersi cura l’una dell’altra. Imparano a guardare oltre le differenze di razza e di religione. Imparano a nutrire non solo lo stomaco, ma anche l’anima, e a sfruttare ogni trucco, dal ricatto alla conversione, pur di restare a scuola. E, quando arrivano i bulldozer a radere al suolo la baraccopoli per costruire un centro commerciale, imparano a lottare per salvare il quartiere. Perché il loro può anche non essere un paradiso, tuttavia c’è un’infinita bellezza nascosta tra le tende lacere e i tetti di lamiera, tra il giallo delle scavatrici e il grigio del cielo. È la bellezza della solidarietà e della speranza. La bellezza dell’amore e del riscatto. La bellezza di un luogo che è – sempre e comunque – casa.

Liliana Marchesi

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