Recensione: Olimpiadi di Toronto 2112


Questa antologia di racconti distopici a tema sportivo è il frutto di un attentissimo lavoro di ricerca e riflessione su temi attualissimi rappresentati attraverso personaggi e tematiche sportive. Negli undici racconti dell’antologia, preceduti da una pregevole introduzione contestualizzante e metodologica del curatore Andrea Pelliccia (Sport e fantascienza, distopia e realtà) la potenza visionaria e l’azione delle narrazioni non rifugge dall’uso di una delicata ironia e di una visione matura e potente del presente: tutti elementi che rendono la fantascienza e la distopia ‘generi’ letterari degni di rispetto e considerazione.


Andrea Ferrando offre, con “Le regole del gioco”, una riflessione su fino a che punto si possa essere disposti a modificare sé stessi e il proprio corpo al fine di migliorare la propria performance sportiva, muovendo dalla dieta per arrivare a impianti e robotica e lo fa nel contesto di una relazione padre-figlio che è, a parer mio, la parte migliore e più toccante del racconto.


Davide Del Popolo Riolo, con “Calcio spettacolo”, affronta, attraverso un attento montaggio di descrizioni e reazioni che molto hanno del cinematografico e dell’immediatezza dei social media, una partita di calcio epocale, inficiata però da una ‘regia’ che nulla ha di calcistico ma solo d’immagine, di marketing, di pubblicitario. È, nel futuro, il calcio razionale, organizzato, più finto delle fiction, eppure anche per questo è il gran business del momento (distopico).


Paolo Aresi, con “Sfida al Monte Olympus”, immette il ciclismo, assieme al calcio uno degli sport in assoluto più popolari e amati dagli Italiani di ieri e di oggi – ma probabilmente anche di domani, nulla vieta di congetturarlo – fra quelli dell’antologia. In questo racconto è il senso propriamente sportivo, il sacrificio, il rispetto, l’altruismo a essere il vero protagonista in una vicenda appassionante e ricca di pathos.


Alice Bassi, con “Golden Girl” offre, a mio parere, uno dei racconti più coinvolgenti dal punto di vista psicologico perché è in grado si armonizzare nel corso della pregevole e rapida narrazione piani temporali – e soprattutto esperienze sociali e culturali – distanti nel tempo e nello spazio, nel corso di una partita di calcio mista e intensa, senza distinzioni di genere fra una squadra terrestre e una marziana, un portato connotante di memorie e significati storici e umani di un passato trascorso ma non dimenticato.

Paolo Antonio Magrì, con “Cinque minuti”, affronta una gara di atletica leggera, ma della gara del secolo si tratta, d’importanza ben più che sportiva, con una narrazione organizzata su più livelli temporali e frammentata secondo gli attimi della gara medesima, un’esperienza intensa e destinata a regalare emozioni profonde.


Giampiero Stocco, con “L’eroe dello schermo”, affronta il tema della realtà virtuale e del gioco virtuale, di una dimensione fittizia, cioè, che diventa più rilevante e piacevole di quella effettiva, con campioni del calcio reali divenuti simulacri interattivi ed esseri umani che nel gioco perdono la propria identità ma che accumulano sconfitte vere.


Laura Scaramozzino, con “Massima efficienza, minimo spreco” crea un futuro in cui le esecuzioni capitali sono diventate un evento sportivo, drammatizzazione da un lato degli sport estremi e dall’altro della feticizzazione della morte e delle esecuzioni capitali. Una realtà, per usare le parole dell’autrice, in cui “i tiratori finalisti hanno la possibilità di cancellare dalla faccia della terra i peggiori criminali condannati dalla Giustizia sportiva internazionale.”


Mattia Loroni, con “Fosco”, rappresenta rivalità ed eroismi che possono nascere in un contesto di estrema competizione e di rischio permanente per i corpi e le menti degli atleti nel calcio: un incidente rovina le speranze e le aspettative di un atleta e di chi è attorno a lui. La riflessione sulle rivalità condotte all’estremo e sulla vendetta sono i punti forti della narrazione.


Alessandro Forlani, con “Salto in orbita” porta il lettore in una dimensione aerea, dove la competizione, sponsorizzata da marche e brand molto riconoscibili, è spietata. Terrestri, abitanti della luna e delle colonie orbitali, sono coinvolti in un evento sportivo-mediatico di proporzioni immense, incentrato su gesti atletici che dallo spazio conducono oltre: “Gli Icaro della Microsoft, Coca Cola, Volkswagen, usciti dalle capsule con le braccia strette ai fianchi, fendettero l’ozono con i caschi aerodinamici, tremarono di convulsioni.” Chi sopravvive vince, in una competizione brutale in cui i marchi non fanno che aggiungere straniamento e insensatezza alla violenta spietatezza dell’evento. I personaggi sono il vero punto di forza di questa narrazione ricca e sfaccettata.


Massimo Bencivegna, con “Dieci dita e venti occhi”, narra delle Olimpiadi del 2036 che hanno luogo nella città di Gerusalemme. Storia di una partita importantissima di football americano e di tutti gli uomini in essa coinvolti, il racconto narra della rivalità USA-Cina e di come questa rivalità si sia spostata dalla terra e dallo sport alle stelle. Visionario e attuale.


Chiude il volume “Coraggiosa”, uno spin-off di Mondo9 di Dario Tonani in cui compare la giovanissima Naila, quattordicenne, alle prese con la sua prima nave nel deserto che, dice l’autore, “è una palestra di vita.” Dai giochi da bambini con navi di latta si passa alle navi vere, anzi ai cuccioli di quelle vere, entità senzienti e iperboliche che hanno reso famoso l’autore, e giustamente. La narrazione segue la prima gara di Naila nel deserto, nel corso di una ferrea competizione con altre navi e altri equipaggi, in un processo che è di crescita ma soprattutto di formazione e di preparazione al futuro. “Domani saranno ventinove anni esatti. E io adesso sono su una nave vera, la mia, la Syraqq. Una baleniera convertita a cargo. Femmina come il suo comandante.” Difficile immaginare miglior spin-off sportivo per un ciclo narrativo di cui la fantascienza italiana deve essere fiera.

RECENSIONE

A colpire è l’elevato livello dei racconti unito all’originalità che i vari autori, molti dei quali già affermati e altri che meritano di esserlo, sono riusciti a infondere in un lavoro certamente sfaccettato ma soprattutto ricco, vario e ampio. L’elemento sportivo non fa altro che aggiungere un quid alle vicende narrate nei racconti, un quid sì specifico e caratteristico della cultura moderna, ma soprattutto viene visto come ulteriore possibilità rappresentativa nell’ambito del grande tema dello scontro fra singolo e massa, fra potere e realtà, fra giustizia e prevaricazione, regola e devianza

.A mio parere il merito fondamentale di questa antologia, oltre naturalmente a mettere insieme una serie di narrazioni di ottima qualità e fattura, consiste nel non aver ceduto alla facile e pittoresca tentazione d’incentrarsi su sport brutali e spietati con atleti neo-gladiatori e combattimenti che terminano solo con la distruzione fisica del nemico. Se da un lato tale soluzione avrebbe potuto contate sull’effetto ‘splatter’ certamente tutte le sfumature di sensibilità e di carattere sarebbero state sacrificate al gore e alla spettacolarizzazione del gesto atletico, non più tale ma brutale atto di violenza.

La riconoscibilità degli sport, nonostante le caratteristiche pur modificate in base alle condizioni differenti di un futuro necessariamente diverso, ha permesso maggiore immedesimazione del lettore nelle vicende, non solo, ha soprattutto consentito un’identificazione e un riconoscimento di tutte quelle tendenze già distopiche presenti nello sport di massa attuale, dal doping alle frodi a tutto ciò che di losco e negativo gravita attorno ai milioni e milioni di Euro/Dollari.
Molti dei protagonisti e delle protagoniste sono indimenticabili grazie al lavoro di scavo psicologico e di resa delle autrici e degli autori coinvolti nel progetto, opera di cui si auspicano futuri sviluppi, sia in chiave sportiva che sociale, giacché i due ambiti, ed è una lezione che l’antologia stessa ha mostrato con chiarezza, sono tutt’altro che distanziati.

Roberto Risso

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