Recensione: Le Dernier Combat, l’opera prima di Luc Besson

Forse non tutti sanno che, a soli 23 anni, Luc Besson firma il suo primo lungometraggio che si inserisce nel filone della fantascienza post apocalittica anni ’80: “Le Dernier Combat“.

TRAMA

Il mondo è collassato: rimangono cumuli di macerie, nubi tossiche che avvelenano l’aria e un drappello di sopravvissuti. Un uomo, alla disperata ricerca di una via di scampo, stringe amicizia con un vecchio dottore. Basterà l’amore per una ragazza, appena intravista, a fargli a vincere la lotta per la sopravvivenza?

RECENSIONE

Un bianco e nero manicheo avvolge “l’ultima battaglia”: l’uomo dà il commiato alla civiltà e sia avvia verso il declino e la barbarie. Ma come siamo arrivati a questo punto? E’ una domanda tipica che sorge ogni qualvolta ci si risveglia dal torpore dovuto alla ruotine quotidiana; poi succede qualcosa che ci scuote e ci poniamo interrogativi di stampo esistenzialista. Anche ne Le dernier combat la reazione di stupore è la stessa, ma cosa sia successo sulla Terra non è dato sapere: l’uomo, l’animale più comunicativo del pianeta, ha perso la parola e con essa anche l’evoluzione, sociale e tecnologica, riducendosi a vivere fra macerie e desolate distese di sabbia.

Senza più il filtro di uno stato di diritto la violenza risorge come se le comunità democratiche non avessero insegnato nulla e si riparte da un livello 0. Fra il fumetto e il cinema d’autore, il giovane Luc Besson, ci parla del nostro futuro criticando aspramente il presente, mostrando la facilità con la quale l’umanità regredisca allo stato del puro istinto di sopravvivenza. E’ Il tragico destino di chi tende alla distruzione e all’autodistruzione ma sente la nostalgia delle cose solo un attimo dopo averle eliminate per sempre: emblematiche alcune scene in cui i sopravvissuti si approcciano a ciò che rimane del loro passato, non capendone quasi più il significato. Completamente privo di dialoghi, il film contiene solo una parola drammaticamente sussurrata che suona come un beffardo augurio.  

Nato nell’età dell’oro del genere post-apocalittico grazie al Mad Max di Miller e a produzioni italiane come 2019: dopo la caduta di New York (l’Italia è presente anche in questo film con la fotografia di Carlo Varini), Le dernier combat se ne discosta, percorrendo una strada più concettuale e riflessiva, risultando, forse, un prodotto più di nicchia che di largo consumo.  

Nel 1983,  a soli 23 anni, Luc Besson fa il suo esordio nel grande cinema con questo lungometraggio: pochi mezzi ma tante idee.

Crediti: paese di produzione: Francia; anno: 1983; durata: 89 minuti; regia, soggetto e sceneggiatura: Luc Besson. Cast: Pierre Jolivet: l’uomo. Jean Bouise: il dottore. Fritz Wepper: il capitano. Jean Reno: il bruto. Maurice Lamy: il nano.

A presto!

Riccardo Muzi

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