Recensione Oblivion black di Darren Lee Floyd


TRAMA DI OBLIVION BLACK


Oblivion Black del gallese Darren Lee Floyd è un romanzo che ha riscosso un certo interesse negli Stati Uniti e di cui si aspetta il sequel. Si tratta di un horror ambientato in Alaska, in un clima post-catastrofico, quindi rientra nella categoria (se di categoria si tratta) del post-apocalyptic horror. Una categoria del genere serve solo, lo si capisce, a facilitare una ricerca su Amazon Kindle e simili, fra decine di migliaia di libri autoconclusivi, e serie.

La catastrofe (lascerei l’Apocalisse e l’Apocalittica ai libri biblici che ad essa fanno riferimento e che ad essa danno il nome) è di per sé ‘horror’ in quanto induce terrore e nella fattispecie di Oblivion Black, appunto, sarebbe improprio parlare anche di post-disastro. Una parte significativa dell’opera è infatti ambientata negli anni Sessanta del Novecento e l’altra metà durante – e quindi non dopo – un disastro, forse nucleare, forse no, non c’è grande chiarezza al riguardo. L’azione si svolge in un bunker fortificato molto in profondità; quindi, ciò che avviene fuori non ha proprio la massima importanza. Inoltre, la parte ‘horror’ non proviene dal possibile fallout nucleare ma dal luogo stesso in cui la vicenda è ambientata, le grotte dentro e sotto questo bunker.

RECENSIONE DI OBLIVION BLACK

La lettura è scorrevole e, tutto sommato, piacevole. La vicenda avvincente, magari con qualche buco e qualche punto che il lettore avrebbe preferito venisse trattato un po’ più nei dettagli, ma almeno a mio parere, regge bene. Si è perfino tentati, alla fine della lettura, di pre-ordinare il sequel, nel quale si spera di sapere finalmente ciò che ci è stato sinora taciuto.

Il romanzo è costruito sull’alternanza dei piani temporali: dagli anni lontani della costruzione del bunker si passa al ‘presente’ in cui il bunker ospita un gruppo di privilegiati, ovviamente ricchi e di successo, che si trova però ad avere a che fare con lo stesso problema che portò alla sparizione dell’ideatore dello stesso bunker: quel luogo sotterraneo è infatti piagato da una presenza – se non proprio lovercraftiana, poco ci manca, (ma anche qui l’autore sfuma parecchio, e spesso sorvola un po’ troppo) malefica che non vuole essere disturbata. L’edificazione della struttura costituisce ovviamente una provocazione cui l’entità, ammesso che sia solo una, reagisce in modo fatale per chi ne viene a contatto.

Il finale lascia volutamente non risolti diversi punti nodali della vicenda anche se il quadro generale della situazione è chiaro: muoiono in molti e malamente a causa di qualcosa che non gradisce la loro presenza in quel luogo. Che ne sarà di chi è sopravvisuto?

Claustrofobico ma senza eccessi, horror ma non troppo, post-apocalittico di chissà quale disastro internazionale, Oblivion Black, nome del luogo fatale, si fa leggere ma non entusiasma fino in fondo.
Per super appassionati.

Alla prossima

Roberto

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