Recensione Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne

I primi semi della fantascienza vanno cercati nella letteratura dell’800. Pioniera assoluta Mary Shelley con il suo Frankenstein (1818) ma poi il genere diventa veramente letteratura di massa per merito di Jules Verne a partire almeno da Cinque settimane in pallone (1863), e poi Dalla terra alla luna (1865) e poi Ventimila leghe sotto i mari (1870).

Non nascondo che quest’ultimo romanzo (insieme a Il giro del mondo in 80 giorni) ha sempre suscito la mia attenzione, fin da quando, ragazzo, lo lessi per la prima volta. Allora probabilmente apprezzavo soprattutto le avventure in terre lontane, i viaggi fantastici, quella curiosità incontenibile che porta Verne a diventare scrittore non localistico, ma attratto dal mondo, dai luoghi sconosciuti, dalle avventure impossibili. Oggi, dopo molte letture e qualche riflessione, trovo che Verne sia un autore ingiustamente relegato nella letteratura per ragazzi, e invece meno banale e meno superficiale di quel che talvolta si pensi, le sue non sono solo divertenti avventure, c’è qualcosa di più. Innanzi tutto c’è il fatto che egli insieme a pochi altri inaugura un genere che oggi ci appare così significativo ed emblematico del nostro tempo, la fantascienza.

Per questo motivo mi riprometto di farne un po’ alla volta una lettura articolata per Leggere Distopico.
E non posso iniziare se non da Ventimila leghe sotto i mari. Chi ha letto Moby Dick (che è del 1851, quindi precedente, ma è stato tradotto in francese per la prima volta solo nel 1941 da Jean Giono e dunque non sappiamo se Verne ne avesse conoscenza), vi ritroverà lo stesso piacere nel descrivere minuziosamente gli ambienti marini, i pesci, le piante, la vita dei balenieri. Anche a costo di inserire nella narrazione lunghi elenchi non certo appassionanti, ma Verne non sta solo raccontando una storia, sta descrivendo un mondo. La trama in sé, infatti, è piuttosto semplice.


TRAMA DI VENTIMILA LEGHE SOTTO I MARI
Un essere sconosciuto imperversa per gli oceani mentendo a rischio i vascelli e le baleniere. Uno scienziato viene incaricato a bordo di un Vascello di inseguire l’animale e magari catturarlo. Tuttavia è l’animale che inseguito si rivolta contro il vascello e l’affonda, lo scienziato e altri due vengono raccolti come naufraghi proprio dal mostro che si scopre essere non un animale ma un mezzo sottomarino, macchina del tutto sconosciuta e avveniristica, il Nautilus, del misterioso ammiraglio Nemo.
Trascinato controvoglia a esplorare tutti i mari del mondo, alla fine i tre riescono a fuggire e il Nautilus scompare, ma non sappiamo se affondi o meno, in un vortice di correnti.


RECENSIONE DI VENTIMILA LEGHE SOTTO I MARI
Ma che cos’è il Nautilus e chi è il comandante Nemo? Il Nautilus è, insieme, un gioiello tecnologico d’avanguardia e un palazzo principesco, colmo di opere d’arte, di una ricchissima biblioteca, di oggetti preziosi, c’è persino un organo che il capitano Nemo ama suonare in solitudine. Il mezzo meccanico sfrutta la grande novità del XIX secolo, che è all’origine di molta letteratura fantascientifica di questo secolo, l’elettricità, ma anticipa anche molte soluzioni moderne sia nelle modalità di spostamento del mezzo, sia nella pratica subacquea. Ma il Nautilus è anche un luogo di isolamento assoluto dal mondo e dagli uomini. I marinai sembrano aver fatto il voto del silenzio, sono parte della macchina, non membri di una comunità.


Quanto al comandante Nemo, non si sa esattamente chi sia. Verne lascia nel dubbio il lettore, e sappiamo dalle lettere scambiate con il suo editore che in fase di scrittura pensava a varie soluzioni. Sappiamo soltanto che Nemo combatte una sua guerra personale della quale, alla fine, non veniamo mai a conoscere i motivi. Possiamo al più intuire che vi sia alle spalle un dramma familiare che giustificherebbe forse quell’incontenibile desiderio di vendetta che lo porta ad affondare le navi, insensibile al destino di tanti poveri marinai. Sappiamo che nel suo vascello museo c’è una parete dedicata ai grandi eroi romantici della liberazione (della Polonia, della Grecia, dell’Irlanda, dell’Unione Americana, c’è anche Daniele Manin eroe della rivoluzione del ’48 a Venezia e John Brown epico eroe dell’emancipazione dei neri). È fra questi eroi che Nemo forse pensa di potersi guadagnare un posto.

Egli è un solitario disperato in lotta contro il mondo. L’arrivo dei tre naufraghi muta solo in parte la sua condizione: Pierre Aronnax, lo scienziato, perfetto esemplare di quella borghesia imperialistica inglese che domina il mondo e che non può vivere senza un fedele servitore, il domestico Conseil e poi il rude popolano canadese Ned Land a rappresentare l’altra parte della società.
Aronnax è anche la voce narrante del romanzo, colui che funge da mediatore, per noi lettori, tra il possibile e l’impossibile, la credibilità e l’assurdità, il reale e il fantastico.
Tutto il gioco narrativo sta in questo lungo peregrinare in un altro mondo, che pare addirittura un altro pianeta. Il mondo sottomarino capace di fornire cibo, energia, ricchezza, e stupore. Il rifiuto del mondo reale e della società costituita si ribalta nella descrizione di un altro mondo possibile, straordinario e stupefacente, ma destinato a un uomo solo, colui che ha il possesso della macchina. La tecnica costituisce la premessa necessaria per dominare un altro mondo e un’altra vita, migliore, più semplice, meno conflittuale, dove il cacciatore domina le sue prede ma deve altresì difendersi da mostri, creature straordinarie, ambienti ostili. Un imperialismo senza umanità.

STEFANO ZAMPIERI

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