Recensione: “Ombre nella pietra” di A. Coman.

TRAMA:

Per poter entrare nella Bolla erano costretti a indossare l’ombra, ma rinunciando a ogni dignità umana.

Monte Alto è circondato dall’oceano l’aria è fredda e corrosiva, la gente per poter sopravvivere è  costretta a vivere nelle caverne agognando la vita nella Bolla, dove la natura prospera e l’aria è incontaminata. Lo sanno bene Mina e Robi che, per poter entrare nella Bolla, sono costretti a indossare l’ombra, rinunciando alla loro libertà e portando a termine gli incarichi assegnati dal collare. Le ombre non sono autorizzate a parlare con i cittadini, non sono autorizzate a fare nulla se non espressamente richiesto.

Solo così possono respirare l’aria tossica fuori dalla Bolla per un massimo di 150 ore.

RECENSIONE:

Se la missione di un racconto è quello di sollecitare la fantasia e la curiosità del lettore, Alex Coman raggiunge l’obiettivo con una certa facilità. “Ombre nella pietra evoca un mondo futuro diviso in due. Il mondo fuori, e il mondo dentro una bolla paradisiaca.

Aria pulita, seppur artificiale, contro l’atmosfera divenuta malsana. Monte Alto è il nome dell’isola felice e tecnologicamente avanzata; Mina e Robi ci lavorano, praticamente come schiavi, in cambio di una pozione in grado di rendere sopportabili, per un determinato periodo di tempo, gli effluvi nocivi del mondo fuori. I due, come tutte le persone che si trovano in situazioni al limite della sopportazione, desiderano ardentemente un upgrade della loro triste quotidianità. Bisogna, però, avere un piano e il quantitativo giusto di disperazione per compiere gesti che normalmente albergherebbero solo nei sogni o negli incubi.

Gli incubi, nel frattempo, sono diventati reali: la popolazione vive in enormi condomini inospitali e anela una misera sopravvivenza in un luogo abbandonato dalla natura. “Ombre nella pietra” è una storia di un tentativo di riscatto sociale, di emancipazione nell’era dell’iperconnessione mentale. Dove tutto viaggia nella testa, come in un device sempre pronto per l’input e per l’output, per richiamare i ricordi o per ascoltare le regole imposte dallo Stato. Controllati, asfissiati ma sempre con il barlume di una fioca, se non impercettibile, luce in fondo al tunnel: l’unica speranza a cui aggrapparsi, l’unica motivazione per vivere e non soccombere. E poi c’è Monte Alto, quasi una droga, un mostro dalla bellezza sintetica che aiuta in qualche modo a sopportare la vita.

Il racconto di Alex Coman vive di questi conflitti, di aneliti disperati, di voglia di riscatto al di là di qualsiasi morale. In “Ombre nella pietra” non c’è più tempo per pensare cosa sia giusto o sbagliato, è un lusso che non ci si può più permettere. Si può solo agire per allontanare, nel più breve tempo possibile, gli spettri dell’anima e della realtà circostante. Un racconto snello, diretto, a volte crudo ma fortemente rappresentativo della lotta contro tutto e tutti, da parte di chi non è più oggetto di sentimenti di umanità.

Riccardo Muzi

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