Recensione Lettere a una fanciulla che non risponde di Davide Orecchio

TRAMA DI LETTERE A UNA FANCIULLA CHE NON RISPONDE

Sarà ancora possibile amare in un mondo dove tutto ormai è governato da algoritmi? Avrà ancora senso farlo quando la nostra stessa memoria non risiederà più dentro di noi ma sarà affidata a meccanismi che ci trascendono? La domanda (e forse la risposta) affiora dalle lettere di LB, il protagonista di questo romanzo, un robot d’amore più umano di un essere umano, capace di provare un sentimento inestinguibile per Livia, la donna che lo ha abbandonato e che ora riceve le sue parole affidate ad antichi strumenti: la penna, l’inchiostro e la carta. LB è, anche, una nuova Sherazade: cerca storie o le inventa per Livia, così da mantenere in vita il loro legame; le scrive dal proprio esilio, mentre viaggia nella solitudine abissale di un mondo apocalittico e dimentico del valore di simboli e parole. Davide Orecchio intreccia un epistolario d’amore nell’era delle intelligenze artificiali, ambientato in un tempo inquietante e vividamente prossimo al nostro, solcato da personaggi che sono grottesche o commoventi epifanie dei nostri stessi limiti. LB, eroe tragico e ultramoderno, affida la sua ricerca di una salvezza possibile a una scrittura esatta ed evocativa, che sprigiona la sua potenza anche all’epoca del trionfo dei byte: come scrivere lettere lascia una traccia anche se colei che le riceve non risponde, così l’amore è il nostro baluardo per rimanere umani.

RECENSIONE DI LETTERE A UNA FANCIULLA CHE NON RISPONDE

È un mondo arido, come intuiamo dalla copertina, quello in cui è ambientata la nuova fatica letteraria di Davide Orecchio dal titolo “Lettere a una fanciulla che non risponde” edita Bompiani; lì la tecnologia ha preso il sopravvento e la vita dell’uomo viene letteralmente scandita dagli algoritmi.
LB – l’autore delle lettere che compongono il romanzo – è un lovebot ossia un robot che si occupa di soddisfare tutte le necessità in ambito amoroso di Livia, la sua “padrona”. Eppure, forse a causa di qualche anomalia nel sistema, inizia a nutrire veri e propri sentimenti innamorandosene perdutamente.
Pensava di essere insostituibile per lei, ma quando viene rimpiazzato da un curabot e cacciato via, scoprirà di essere superfluo e di avere non poche fragilità.
Obbligato a stare lontano da lei, ha inizio il suo peregrinare in paesaggi urbani di non meglio specificate città italiane del futuro. Ciò nonostante, cerca di riallacciare i rapporti scrivendole delle lettere in cui ripercorre dolorosi ricordi del passato, ma anche il resoconto di alcuni incontri che farà in questo suo nuovo percorso di vita. Verrà letteralmente spazzato via il mondo ovattato e sicuro che conosce, soppiantato da uno in cui uomini, macchine e animali sono in balia di se stessi e possono andare avanti soltanto facendo affidamento sulle proprie forze.
Livia non risponderà mai, ma su quei fogli scritti con inchiostro preistorico vergherà delle annotazioni, una sorta di lettera nella lettera rivolta a un altro.

L’impalcatura narrativa del romanzo si regge interamente sulla forma epistolare che consta di 11+1 missive. Vorrei attenzionare proprio questo, in un tempo avanguardista torna in auge un rapporto di comunicazione differente: dal digitale si torna alla carta, dal tecnologico al tradizionale perché il foglio diventa un veicolo per rendere tangibile il ricordo; dietro a ogni lettera si nasconde premura, ogni parola è pesata, soprattutto in un mondo dove inchiostro e carta sono merce rara.

Il mio limite, per colpa tua, è che non colgo il mondo compiutamente, trovo storie e parole e per mia comprensione le devo cucire in un tessuto d’inchiostro per superare il mio limite, ma scriverti mi giova, consente di mandarti un amore che non si sfarina se la coscienza cresce, se aumento il sapere, se la penna lavora, se le parole non muoiono, ed è curioso ma quanto apprendo non scalfisce l’amore per te, vorrei scoprire cosa ne pensi ma tu non rispondi alle lettere che mando via cargo, ma la vera ragione della mia insistenza è che solo con l’inchiostro preistorico posso restare al tuo fianco, per questo insisto e ti scrivo, per questo ricevi un’altra storia da me.


L’autore nel suo delicato e toccante raccontare opta per una scrittura cristallina protesa nel descrivere il bisogno profondo e sofferto dell’altro. Il linguaggio talvolta risulta un po’ barocco, ma si contraddistingue per la dovizia nella scelta del lessico.
Malgrado l’opera di Imre Oravecz – Settembre 1972 – appartenga a un genere letterario diverso (un romanzo in versi) noto dei punti di contatto con l’opera di Davide Orecchio, quella che ci accingiamo a leggere è la storia di un amore dirompente dalla viva voce di colui che lo ha provato. Si percepiscono davvero lo struggimento, quell’alito di speranza nel confidare in una risposta … La sensazione è di star leggendo qualcosa di intimo, la storia di chi ha amato ma non è stato amato allo stesso modo.
Ecco, Orecchio proietta il lettore in una storia sì dolorosa che si avvale del fallimento di un amore per raccontare percezioni da un futuro artificiale; si parla della realtà de-materializzata e fittizia che prevarica sul mondo fisico, di transumanesimo, c’è spazio anche per una sorta di comparazione tra etica robotica ed etica antropica in cui la seconda risulta manchevole e in difetto in un’ottica di abbandono e oggettivazione.

In conclusione, bisogna guardare al romanzo di Davide Orecchio non solo come a un’opera di fantascienza, ma come a un componimento emozionale e coinvolgente che affronta temi universali invitando alla riflessione.

Elisa R

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